Come una bambola di cristallo

E’ buio davvero adesso.
Lo percepisco dal silenzio della strada. E dalla luce dei neon che si insinua dalla persiana.
Sento il chiavistello che viene aperto. Il rumore dei suoi passi. Le sue mani mi slegano finalmente.
“Come una ballerina”- aveva detto.
E così sono rimasta per due giorni. Legata al soffitto. Tutto il peso del mio corpo sulle punte dei piedi.
Vorrei guardalo.
Per sapere se è fiero di me e del mio sacrificio per lui.
Ma con una mano mi fa chiudere gli occhi. Mi prende tra le braccia come quando sa di avermi fatto male.
Sento che usciamo dalla mia prigione. Entriamo nella sua stanza. Mi sdraia sul letto. E si allontana.
Sono immobile.
Tendo le braccia ormai libere verso i bordi del letto. Sono al centro.
Immobile, perché non so se ho il permesso di muovermi.
Me ne aveva parlato una volta. Di questa sua fantasia.
“Ti vedo come una bambola di cristallo” – aveva detto.
E le bambole non si muovono. Mai. E’ buio davvero adesso.
Lo percepisco dal silenzio della strada. E dalla luce dei neon che si insinua dalla persiana.
Sento il chiavistello che viene aperto. Il rumore dei suoi passi. Le sue mani mi slegano finalmente.
“Come una ballerina”- aveva detto.
E così sono rimasta per due giorni.
Legata al soffitto.
Tutto il peso del mio corpo sulle punte dei piedi.
Vorrei guardalo. Per sapere se è fiero di me e del mio sacrificio per lui.
Ma con una mano mi fa chiudere gli occhi.
Mi prende tra le braccia come quando sa di avermi fatto male.
Sento che usciamo dalla mia prigione. Entriamo nella sua stanza. Mi sdraia sul letto. E si allontana.
Sono immobile.
Tendo le braccia ormai libere verso i bordi del letto.
Sono al centro. Immobile, perché non so se ho il permesso di muovermi.
Me ne aveva parlato una volta. Di questa sua fantasia.
“Ti vedo come una bambola di cristallo” – aveva detto.
E le bambole non si muovono.
Mai.
Ho paura. Per la prima volta da quando tutto questo è iniziato.
Perché il mio corpo è stanco, i miei muscoli sono tesi al massimo.
Ho paura che inizino a tremare.
Ho paura di sanguinare senza permesso.
Ho paura di respirare.
Un rumore. Sulla destra. Sento che armeggia con qualcosa. Poi mi sfiora la coscia. La mia pelle si increspa. Ma non se ne accorge.
È il frustino lungo.
Quello che lascia i segni e apre la carne.
Quello con cui mi frusta sul sesso quando gli manco di rispetto. E commetto degli errori.
E’ difficile stare immobili.
Mi tocca una coscia.
Scende lentamente.
Mi sfila le scarpette.
Spero di averlo accontentato in questo.
Spero che stia guardando il mio sangue e le dita viola e che capisca il mio sacrificio.
Il contatto della sua bocca calda sul dorso del piede sinistro.
Per la prima volta dopo ore sento che mi sto rilassando.
Ma devo restare tesa.
I crampi verranno di nuovo lo so. Ma glielo devo.
Perché mi ha creata per questo.
La mia sofferenza è il suo piacere.
Avvicina un bicchiere alle mie labbra.
E sussurra al mio orecchio una domanda alla quale non so che rispondere.
“hai sete?”.
Le vede le mie labbra secche e sporche di sperma.
Lo sa che non posso bere da quasi tre giorni perché mi ha proibito qualsiasi liquido all’infuori di quello che posso procurarmi succhiando e leccando come una puttana.
“si” provo a rispondere.
Ma la gola è troppo secca.
E quasi mi fa male.
So che sta sorridendo.
“le bambole non parlano, lo sai”.
Sono nel panico adesso.
Il corpo inizia a tremare e irrigidirsi preparandosi per il primo colpo.
Ci ha giocato a lungo per addestrarlo a reagire così, ricettivo a ogni sua parola.
L’ho deluso.
Il colpo arriva. Secco, tremendo. Sul seno destro.
La sensazione del sangue. Come sale su un taglio.
Urlo.
Perché non posso non farlo.
E mi muovo.
E mi agito.
So che è arrabbiato adesso.
Mi prende per i capelli e inizia a legarmi.
Una corda doppia che stringe e mi toglie il fiato. La stringe attorno ai seni fino a scoppiarli, me la avvolge attorno al collo, poi verso il basso attraverso il sesso aperto, e tira avvolgendo anche i polsi e di nuovo il collo. Ancora giù sulle caviglie, attorno alle ginocchia, le dita dei piedi, e poi su attorno alle spalle.
E stringe, stringe.
E io urlo.
Ma mi tappa la bocca.
Il sapore che assaggio è intenso e lo riconosco subito.
E vorrei vomitare.
È quello della sua urina.
Ha bagnato un panno nel piscio che era nel bicchiere e me lo ha cacciato in gola.
Mi benda gli occhi.
E mi adorna il capo con una corona di spine intrecciate.
So che adesso sono bellissima, una struggente e intensa versione porno di nostro signore Gesù Cristo.
Sona la regina di tutte le puttane adesso.
Sono la dea della vergogna, la santa del cazzo.
Inizia a montarmi dentro l’eccitazione di quest’immagine che non vedrò mai.
Voglio più sangue addosso.
Voglio urlare e sentirmi farlo.
Lui se ne accorge.
Stringe di più le corde.
Le labbra gonfie e rosse del sesso si allargano accoglienti, il clitoride viene sfregato, un contatto ruvido che mi fa immaginare una sirena col mio viso stretta tra le maglie di una rete di pescatori.
Pronta per essere usata e venduta. Toccata da mani callose, costretta a scopare per compiacere e rimanere in vita.
Non devo parlare per chiedere di essere colpita ancora e ancora.
Le staffilate arrivano e ognuna di esse è un contrarsi di muscoli immobilizzati e nervi che si tendono.
Corde che stringono.
Mi sembra di lacerarmi da sola.
Ha sempre avuto ragione.
Se resto immobile non provo dolore.
È questo che vuole farmi capire con le sue frustate morbide di gentilezza, con i suoi baci taglienti di rasoi, con le sue mani cerebrali.
Mi ritrovo a piangere.
Sono felice. E lui lo sa.
Non mi muoverò più, amor mio.
Perché so che ogni mia mancanza ti reca dolore.
Non mi muoverò più mio signore.
Ma il mio corpo è orami divenuto anch’esso corda.
E adesso che ha capito che il piacere è vicino continua a muoversi da solo.
La mia bocca più vogliosa inghiotte e rilascia.
Il mio bacino sembra in preda alle convulsioni e i colpi aumentano, e si fanno più veloci e il clitoride brucia sfiorato e stretto in una morsa ruvida che mi costringe all’immobilità.
Immobile, godo dei miei movimenti rubati e inconsapevoli, sento il sangue che cola tra le gambe e mi manca l’aria per un attimo che dura ore.
E un urlo che sa di sete e di dolore mi esce dalla gola e si fa strada attraverso il bavaglio.
Che inizio a succhiare.
Perché mi ricorda il suo sapore.
Perché è uno dei suoi sapori meravigliosi.
Mani da uomo mi tolgono il bavaglio.
La mia lingua esce fuori tra le labbra cercando di prolungare il più possibile il contatto con la stoffa.
Vengo slegata, completamente. Ma è ancora buio. È troppo che sono bendata ormai.
Le tenebre mi appartengono.
Voglio promettergli di non aprire più gli occhi se questo può in qualche modo renderlo felice.
la sua bocca accanto alla mia.
Il suo alito mi avvolge, voglio baciarlo.
“Hai sete?” – chiede.
La mia bocca non emette suono ma lentamente la mia testa annuisce.
Mi prende tra le braccia. Di nuovo.
Mi mette in ginocchio a terra. Davanti a lui. In basso.
Finalmente al mio posto.
Lo sento vicino, a sfiorarmi le labbra.
Sono una bambola di cristallo.
E ho sete

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