SCHIAVA E PUTTANA

Sono in piedi, Lui seduto su una sedia alla mia sinistra, sta consultando il
palmare.
Il suo amico sta parlando al telefono.
Sì, sono ancora qui.
Ho percorso ancora a passi veloci quella strada laterale, oltrepassato
ancora quel portone di legno scuro.
Con la camicia di jeans sbottonata, le tette fuori dal reggiseno.
Ho già vissuto questa scena, Lui sa quanto mi sia piaciuto essermi sentita
cosa Sua tanto da essere mostrata, esibita, ma oggi, davanti al portone di
legno scuro ho provato ancora ansia, un certo timore.
Ed eccitazione.
L’ho seguito di nuovo nell’ascensore, guardato il Suo dito premere 5°
piano, le mie mani hanno cercato il Suo cazzo duro sotto ai pantaloni.
Mi ha stretto i capezzoli già torturati a lungo, facendomi lamentare dal
dolore.
Le Sue labbra hanno impedito il mio lamento.
E siamo arrivati ancora davanti a quella porta.
Istintivamente mi sono allacciata la camicia, in un gesto di residuo pudore,
Lui mi ha guardato e l’ha sbottonata tutta.
E sono entrata così, con la camicia tutta aperta,le tette fuori dal
reggiseno.
Pronte all’uso, come piace a Lui.
L’amico ci ha accolto sulla soglia, Lui subito gli ha fatto notare come ero
“vestita”, poi ha preso in mano un seno e l’ha stretto.
Eccitazione e timore, ma anche una sorta di curiosità…e ansia e attesa.
E dentro di me una domanda: che succederà?
Lui può farmi quello che vuole.
Lui può farmi fare quello che vuole.
L’eccitazione sale a questo pensiero.
E sono qui, in piedi, consapevole della mia parziale nudità.
Aspetto, ma non so cosa.
Mi viene ordinato di sedermi, ed obbedisco.
Ecco che l’amico – ora so il suo nome, non è più solo un volto per me –
finisce la telefonata.
Si siedono ai miei lati, continuando un loro discorso non so quando
iniziato.
Lui mi prende il capezzolo del seno sinistro, è molto sensibile.
Invita il Suo amico a fare altrettanto, sull’altro seno.
E sono qui, in piedi, consapevole della mia parziale nudità.
Aspetto, ma non so cosa.
Mi viene ordinato di sedermi, ed obbedisco.
Ecco che l’amico – ora so il suo nome, non è più solo un volto per me –
finisce la telefonata.
Si siedono ai miei lati, continuando un loro discorso non so quando
iniziato.
Lui mi prende il capezzolo del seno sinistro, è molto sensibile.
Invita il Suo amico a fare altrettanto, sull’altro seno. Il Suo amico
stringe un po’, poi dice che ha delle cose apposta per stringere e si alza.
Torna con delle mollette di acciaio dentate, la dentatura è coperta da una
leggera protezione in gomma nera.
Le posa sul tavolo.
Istintivamente mi allontano sulla sedia, ma una presa decisa mi riporta al
mio posto.
L’amico mi prende un seno, lo solleva. Guardo le sue mani prendere il
capezzolo e tirarlo, stringerlo un po’, e poi applicare la molletta. Fa
male, stringe.
Poi ripete dall’altra parte, guardo le sue mani ripetere i gesti, sento la
morsa della molletta.
Il dolore per me è molto forte, mi lamento, guardo Lui, cerco il Suo
sguardo, i Suoi occhi ,la Sua voce… sono i miei appigli per stare ferma, per sopportare il dolore, per cacciare indietro le lacrime.
Lui solo può farmi piangere.
La Sua voce arriva, dice all’amico di togliere le mollette.
Lo guardo e Gli dico grazie, mi chiede se davvero facevano male.
Dico di sì, mi prende il volto, chiede conferma al mio sentire dolore.
Sì, facevano male.
“Molto male?”
Sì, molto.
MI guarda, mi accarezza, mi sfiora le labbra con un accenno di bacio, mi stringe delicatamente dove le mollette hanno stretto.
L’eccitazione risale.
Poi sorride e…”E allora adesso te le faccio rimettere…”
No, per favore no, mi scappa detto.
“CERTO che te le rifaccio rimettere, voglio che tu soffra ancora, voglio
vederti ancora lamentare, piangere. Vero che lo vuoi anche tu?”
Ed io lo voglio, lo so che lo voglio.
E Sì, dico. Fa un cenno e l’amico rimette le mollette, prima una e poi
l’altra.
Dolore vivo.
Riprendete a parlare delle vostre cose, poi suona il telefono, l’amico si alza per rispondere.
Lui mi toglie le mollette, godendosi il mio lamento .
Mi guarda e: “VIENI QUI, mettiti sotto il tavolo.”
Il Suo membro è fuori dai pantaloni, pronto.
Io lo guardo, mi metto sotto il tavolo, cerco una posizione comoda, ad altezza giusta, mi inginocchio,
poi mi accoccolo.
Sono pronta.
Lo prendo con le mani, lo accarezzo delicatamente, poi con più decisione.
Ora stringo decisamente mentre lo masturbo su e giu’, ruotando, premo più forte alla base, stringo forte…la Sua eccitazione aumenta, la mia anche.
“PRENDILO IN BOCCA”
Ed io lo prendo in bocca, tutto, poi lo sfilo piano, lo lecco,lo bacio.
Sono cosa Sua. Sono qui per questo, la mia bocca serve a questo.
Torna l’amico, ed io sono qui, sotto il tavolo, accoccolata a terra, le mani che afferrano i Suoi fianchi,
il Suo cazzo in bocca.
L’amico sorride, non capisco che dice, Lui si sposta un po’ in modo che anche io sia più avanti.
Il mio sguardo è lì, fra le Sue gambe, la mia bocca è lì, lecca succhia.
Mi dice di continuare piano, mentre riprendono i loro discorsi. Ogni tanto l’amico interviene
per commentare.
Ed io continuo, adorante, piano, so che non Lo devo far venire, e quindi allento il movimento,
poi lo prendo in mano, lo lecco, lo masturbo lentamente ma stringendo molto, lo mordicchio…
Lui seduto sulla sedia, io sotto il tavolo.
Sotto il tavolo, ad adorare il Suo cazzo con la bocca e con le mani.
Sento una mano che mi afferra i capelli, e impone il movimento, velocità e profondità.
Più volte il Suo cazzo affonda deciso nella mia gola, provocandomi l’urto del vomito.
Dice basta, e i capelli vengono strattonati all’indietro con la testa, e l’ amico si ferma, non dà più il movimento.
La mia bocca è vuota.
Prendo nuovamente il Suo cazzo in mano, ad accarezzarlo.
Si alza improvvisamente, e mi ordina di fare lo stesso, ora sono in piedi, vengo spinta al di là del tavolo,
vicino al divano.
I miei jeans vengono abbassati, gli slip anche.
Mi ordina di sedermi sul divano.
Esito, ma l’ordine viene ripetuto.
So cosa mi farà, mi leccherà e mi morderà, qui, davanti al suo amico.
Mi farà provare piacere e dolore, mi farà lamentare di dolore e gemere di
piacere.
Mi siedo, via la scarpe, via i jeans, via gli slip.
Ho la camicia completamente aperta, le tette fuori dal reggiseno e sotto completamente nuda.
Vengo fatta appoggiare con la schiena alla seduta del divano, il bacino sul bordo,
le gambe appoggiate a terra, spalancate.
Il mio sesso aperto, esposto, a completa disposizione.
Lui è davanti a me, il Suo volto sulla figa.
Inizia a toccarmi, apre le labbra, le stringe.
Dice all’ amico di strizzarmi i capezzoli, e l’amico lo fa, li sfiora, li titilla, li stringe.
Poi Lui inizia a leccarmi la figa, piano.
Titilla il clitoride, lecca, tocca, lecca.
Il mio piacere sale, ma voglio controllarlo.
Immagino la scena vista dal di fuori: una donna mezza nuda, esposta ed
aperta alla lingua ed alle mani di un uomo, mentre un altro uomo gioca coi
suoi seni e sfiora il suo volto con le labbra.
Un’immagine oscena, pornografica.
La donna sono io.
Il piacere sale, e poi aumenta ancora.
La Sua lingua si ferma, ora sento strisciare i denti, e istintivamente mi irrigidisco: so che arriverà il dolore.
Ahia ahia ahiaaaaaaa
I Suoi denti mordono, mordono il clitoride, cerco di allontanarmi ma non posso,
non sono nella posizione giusta, le mani dell’amico mi tengono ferma ora,
e non posso fare altro che temere il male che arriverà, non posso fare
altro che dire ahia, non posso fare altro che chiedere basta, per favore,
basta.
Lui si ferma, riprende a leccare portando la mia eccitazione alle stelle.
Il piacere diventa più forte, la figa inizia a contrarsi in fitte di
piacere.
Ancora un morso.
Ancora un lamento di dolore, ma anche una fitta di piacere.
La lingua riprende a leccare, poi i denti a mordere, lingua e denti lingua e
denti.
Dolore e piacere, dolore e piacere, piacere e dolore fino a non riconoscerli
quasi più, nell’uno c’è anche l’altro, nel dolore c’è anche piacere, nel
piacere c’è dolore.
Adesso nella mia mente vorrei essere legata, immobile, frustata, usata.
Dolore,piacere.
Anche nella mente.
L’amico continua a giocare coi miei seni.
Gemiti e lamenti, fitte di piacere, ma non voglio perdere del tutto il
controllo, chiedo di smettere, Lo supplico di smettere, sento che non riesco
più a trattenere la pipì se continua.
Se fossimo soli non mi tratterrei, e gocce di pipì andrebbero nella Sua
bocca.
Lui le passerebbe nella mia con un bacio, e mi costringerebbe a deglutire.
Ma non siamo soli.
E lui smette, dopo un lungo morso che mi ha fatto lamentare forte.
Appena Si alza mi inginocchio davanti a lui, mi tengo ai suoi fianchi e
prendo il Suo cazzo il bocca ed inizio a leccarlo, a mordicchiarlo, ad
ingoiarlo, succhiarlo.
Sento la sua eccitazione che sale, sento il suo orgasmo che arriva e
continuo con la bocca, le labbra, la lingua, ed ecco finalmente sento che
sta per venire, addolcisco i movimenti, mi preparo ai getti dello sperma che arrivano,
bevo avidamente, deglutisco in sincronia con l’eiaculazione, ingoio tutto, fino
all’ultima goccia, e poi ancora tengo il Suo cazzo in bocca, e sto lì, in
ginocchio, in questo momento Sua schiava, Sua serva, Sua puttana…
Dafne

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