Mi scrive un lettore, Marco, che conosco per essere molto lucido e sincero nel raccontarsi.
“Che riflessione si può fare sull’enorme fascinazione che suscitano in me le lottatrici col fallo e con la maschera ancor di più con latex nero. Uno spettacolo simile genera in me la totale perdita di qualunque forma di autocontrollo. La forza è assoluta se una siffatta lottatrice volesse sconfiggermi.”
Approfondisco, per il momento, la metà delle considerazioni di Marco relative alle lottatrici falliche.
Perché un incontro di pugilato femminile, non importa se
BDSM DAL RING
Il commento ricevuto da Amarinta al mio primo intervento mi spinge ad ulteriori approfondimenti.
Innanzitutto parliamo del perché in un sito dedicato al BDSM c’è un blog dedicato alla lotta ed alla boxe femminile e non, ad esempio, alla lap dance o allo spogliarello.
Le attività SM tradizionali sono, per vocazione e per consuetudine consolidata, “asimmetriche”. Ciò significa che i ruoli dei protagonisti sono diversi e, semmai, complementari. C’è un individuo “dominante” che agisce attivamente su uno “dominato”.
Il dominio può essere “cerebrale”, quando l’individuo “dominato” si mantiene sottomesso per propria scelta. Può essere “muscolare”, quando, ad esempio l’individuo si pone alla mercè di una body builder che è più forte di lui per cui il controllo è oggettivo. Può essere strumentale, come nel “bondage” in cui la dominanza è realizzata con l’ausilio di strumenti meccanici.
Si tratta di diversi livelli di partecipazione del “dominato” al controllo, nella misura in cui in alcune pratiche può sottrarsi ad esso in qualsiasi momento, dissolvendo il ruolo dell’individuo “dominante”, in altri casi l’eccitazione deriva dal fatto che solo l’aguzzino può liberare la vittima.
Esistono nel campo BDSM delle pratiche di dominazione che utilizzano come strumenti di coercizione tecniche
Boxe femminile – Model boxing Show
La boxe femminile ha sempre turbato gli uomini.
I più, lo hanno sempre osteggiato, con successo sino a pochi anni fa. I motivi, più o meno inconsci, erano almeno due.
Il primo era la gelosia per questo rito celebrativo delle virilità più plateale ed esasperata. Il secondo era l’invidia per quelle donne che avessero avuto il coraggio di salire su di un ring, cosa che la maggior parte di loro non avrebbero mai osato fare.
Ma per una folta ed esuberante minoranza, invece, la boxe femminile era, ed è ancora, un concentrato esplosivo di feticismo e sadomasochismo in chiave lesbica. Il guantone ricorda il glande di un pene ed a nessuno sfugge l’allitterazione tra “cazzo” e “cazzotto”. Nel pugilato femminile, due donne cercano, sul piano simbolico, di sopraffarsi a vicenda usando non uno ma addirittura due falli per ciascuna!!! Negli intervalli tra i rounds, poi, le due pugili siedono agli angoli, sugli sgabelli, con le cosce divaricate, offrendosi simbolicamente reciprocamente la vulva mentre le seconde, in un premuroso e sensuale affaccendarsi di mani su braccia, facce e guantoni, celebrano un rito di confidenza lesbica.
Le due pugili, l’una alla mercè dei pugni dell’altra, sono, ad un tempo, sadiche e masochiste. L’arbitra, signora assoluta del ring, che sanziona, costringe, proclama, è l’unica incontrastata sadica presente sul quadrato.
Il tutto in un set di bondage delimitato da dodici robuste corde da cui le pugili non possono evadere, se non dopo aver consumato la sopraffazione di una sull’altra. E la conclusione è coronata da un