Francesca mi ama.
E dipende da me.
La guardo ogni mattina aprire gli occhi.
Lo fa in un modo buffo. Prima le palpebre le tremano leggermente e poi le spalanca di colpo.
E’ bella Francesca.
La conosco da quasi tre anni ormai.
Me ne innamorai perchè all’epoca non avevo niente di meglio da fare.
E come ogni amore che si rispetti la passione fu travolgente.
Lei aveva bisogno di me.
E io di darle ciò che chiedeva.
La prima volta che facemmo l’amore la porterò sempre nel cuore.
Lei era vestita di bianco.
Il sangue le macchiava appena il velo da sposa che le avevo fatto indossare.
“Tagliami” – mi aveva chiesto.
Ed io lo avevo fatto, ubbidendo più ad un mio bisogno che alla sua richiesta.
Le tagliai la carne tenera dei seno.
Due tagli lunghii.
Bevvi da lei la sua vita e facendolo le donai per sempre la mia.
Francesca ha un fiocco rosso di carta alla caviglia.
Una catena anch’essa di carta la lega al nostro letto.
Non l’ha mai strappata fin’ora.
Perchè vuole farmi felice.
La guardo spesso mentre dorme.
Le cicatrici che mi chiede di farle, l’hanno resa più bella.
Questa notte ne ho assaporato il piacere.
L’ho toccata lentamente fino a farle dischiudere i petali del sesso e l’ho penetrata con tutta la delicatezza della mia bocca.
Sa di buono francesca. Sa di me.
Immobile
Seduta sul bordo del letto mi aspetti.
Due giorni, immobile nella stessa posizione.
Le caviglie unite dalle catene della mia volontà, le braccia dietro la schiena a mezza altezza.
La schiena dritta come sai che voglio. Indossi due tacchi a spillo da 15 cm.
All’inizio è stato difficile per te imparare a portarli per giorni interi, poi hai iniziato a godere del dolore che essi ti procuravano.
Per il resto sei nuda.
Davanti a te c’è uno specchio.
Ho voluto che tu imparassi a vederti bella attraverso i miei occhi.
Sei bagnata, ma non di piacere.
Come una bambina stamattina te la sei fatta addosso.
Ma non hai osato alzarti.
Non hai voluto disobbedirmi.
Le spalle ti fanno male, così il collo, innaturalmente dritto, eppure il dolore ha aumentato la percezione del tuo corpo.
Hai fissato i tuoi seni all’inizio.
Come ti avevo chiesto di fare.
Ore a guardarli e ad ammirarli.
Con naturalezza hai visto i capezzoli inturgidirsi.
Alzarsi quasi sfrontati.
Hai ammirato le areole scure che sai ti leccherò quando finalmente entrerò da quella porta, alle tue spalle.
Hai le gambe leggermente dischiuse.
La sua bambina
Sola, davanti allo specchio.
Posso guardarmi.
È la prima volta dopo settimane.
Oggi l’uomo che amo ha deciso di togliere la benda che mi rendeva suo oggetto.
L’ho sentito entrare, come ogni mattina, nella mia prigione fatta di cuscini e catene e incensi all’oppio. Ho sentito le sue mani forti toccarmi le braccia, scendere fino ai polsi e slegarli.
È stato strano.
Per un attimo essere libera mi ha procurato dolore.
Ha ragione quando dice che senza di lui non riuscirei neanche a respirare.
Non mi è permesso di vestire il mio corpo da mesi, eppure solo oggi mi sono sentita nuda.
Ma io sono solo un corpo creato per donargli piacere.
La mia bocca è sua.
Il mio sesso è suo.
Ogni parte di me gli appartiene.
Eppure spesso, quando sono da sola, penso che sia lui a servire me.
Ogni mattina mi porta da mangiare, ogni notte alle 11 mi prende tra le braccia, mi solleva, amorevole come un padre, e mi porta in bagno.
Mi guarda, nel momento più intimo, come si fa con una bambina, mi pulisce, e mi lava, mi pettina i capelli, mi spalma creme profumate su tutto il corpo, e mi riscalda tra le gambe fino a farmi tremare. Poi si ferma.
Semplicemente perché gli appartengo.
Nuda sotto
Sono nuda sotto.
Come lui mi ha chiesto.
Mi sono sbarazzata della biancheria quando mi ha telefonato.
Ero in ufficio.
Avevo riconosciuto il numero del suo cellulare e quando ho risposto speravo avesse per me quelle attenzioni a cui mi aveva abituata.
Ma sono in punizione.
è stato freddo.
mi ha detto quello che doveva e ha riagganciato.
lasciandomi sola.
Ho aspettato le dieci, l’orario stabilito e mi sono alzata dalla mia scrivania.
Ho preso la borsa e sono andata in bagno.
Lì ho sfilato i jeans e poi ho tolto il perizoma.
L’ho leccato al centro come mi è stato detto di fare ogni volta che mi spoglio o mi cambio.
Sapeva di me.
Per lui, solo per lui
-Sdraiati-
Francesca obbedisce e si sdraia.
L’inquietitudine che prova nel seguire i suoi ordini si manifesta sulla sua pelle.
La seta le accarezza la schiena nuda e stranamente la riscalda,
-Alzati di nuovo e sdraiati. Più sensuale questa volta-
Francesca si alza.
È stanca di questo gioco.
Gesti di ogni giorno ripetuti ancora e ancora centinaia di volte fino a raggiungere quella che lui considera la perfezione.
Lo odia per questo.
Non si era mai sentita così inadeguata come lui riesce a farla sentire.
Non aveva mai visto tutte le imperfezioni che si celavano in lei fino a che lui non aveva iniziato a correggerle.
-Francesca, sei goffa. Rialzati e sdraiati di nuovo-
Continua da ore questo suo giudicarla.
Ha le gambe stanche Francesca ma vuole imparare.
Soddisfarlo è divenuto l’unico modo di dimostrargli l’amore di cui ha bisogno e che lo tiene in vita.
Lei avverte il suo dolore quando si accorge di una sua mancanza.
È dolore vero che lo rende infinitamente triste.
Lei lo vuole felice.
Dopo averlo conosciuto è la sola cosa che conti per lei.
Iniziò col modificarle il corpo.
Per un ideale di bellezza
Apro la pesante porta di legno.
Senti girare la chiave nella serratura.
Il chiavistello produce un rumore assordante per te che sei stata nel silenzio più assoluto per due giorni.
Senti i miei passi che si avvicinano.
Non puoi vedermi perché la benda nera che ti avvolge gli occhi è legata troppo stretta.
Una leggera pressione sulle tempie che si è tramutata in dolore estenuante dopo il primo giorno.
L’odore del sudore di cui il tuo corpo è madido mi entra dentro, regalandomi una leggera ed intensa scossa di piacere che mi si propaga fino al cervello.
Ho voglia di farti del male e tu lo sai.
Ti sto davanti.
Lo avverti dall’angoscia sottile che inizia a crescerti dentro e ti stringe il cuore in una morsa di paura.
Avvicino le mie labbra al tuo collo.
Docilmente me lo porgi.
Ti bacio a labbra aperte la pelle.
Senti la mia bocca che ti sfiora la pelle bagnata, poi ti mordo. Forte come farebbe un vampiro. Inizi a dimenarti, ma così facendo aggiungi dolore a dolore.
Le corde che ti stringono i polsi e che sono fissate al
Merce di Scambio
-Muoviti adesso e non fiatare
le sue parole mi schiaffeggiano, il vento mi scompiglia i capelli mentre l’asfalto caldo della strada mi brucia i piedi nudi.
ho paura che qualcuno mi possa vedere, così nuda con le mani legate dietro la schiena, col sesso allargato dalle catenelle.
-ti prego- sussurro, e la mia voce arriva da lontano.
ho paura e so che verrò punita per la mia impudenza.
una scudisciata mi colpisce i seni con violenza, sento il calore del sangue che mi colora la pelle e scivola lungo il mio ventre.
arriviamo in un parco. semideserto.
lungo il tragitto un paio di ragazzi ci hanno visti e hanno continuato a seguirmi alternando commenti feroci a risate sguaiate e volgari.
Lui mi fa cenno di sedermi su una panchina.
il freddo mi entra dentro e spinge le punte dei miei seni a ergersi come non avevo mai visto.
mi accorgo di tremare leggermente.
le gambe sembrano non volersi fermare.
Come una bambola di cristallo
E’ buio davvero adesso.
Lo percepisco dal silenzio della strada. E dalla luce dei neon che si insinua dalla persiana.
Sento il chiavistello che viene aperto. Il rumore dei suoi passi. Le sue mani mi slegano finalmente.
“Come una ballerina”- aveva detto.
E così sono rimasta per due giorni. Legata al soffitto. Tutto il peso del mio corpo sulle punte dei piedi.
Vorrei guardalo.
Per sapere se è fiero di me e del mio sacrificio per lui.
Ma con una mano mi fa chiudere gli occhi. Mi prende tra le braccia come quando sa di avermi fatto male.
Sento che usciamo dalla mia prigione. Entriamo nella sua stanza. Mi sdraia sul letto. E si allontana.
Sono immobile.
Tendo le braccia ormai libere verso i bordi del letto. Sono al centro.
Immobile, perché non so se ho il permesso di muovermi.
Me ne aveva parlato una volta. Di questa sua fantasia.
“Ti vedo come una bambola di cristallo” – aveva detto.
E le bambole non si muovono. Mai.