Dopo aver parlato di Yapoo mi permetto qui di segnalare un’ altra opera semisconosciuta di un importante autore con cui parecchie anime e sensibilità masochiste scopriranno di condividere parecchie affinità: Bruno Schulz.
Noto perlopiù come disegnatore, ma invece anche autore di un’opera “Le botteghe color cannella. Tutti i racconti, i saggi e i disegni” – Torino, Einaudi 1970.
Anni fa si fece cenno a Bruno Scultz anche sul nostro forum e qui oggi poco aggiungerò perché i disegni parlano da soli ed il volume – al contrario di Yapoo – è facilmente reperibile e così pure una nutrita bibliografia critica agevolmente accessibile anche attraverso internet, a cominciare – tra i molti eccellenti contributi – il saggio di Gad Lerner “Scintille, storia di anime vagabonde”, Milano, Feltrinelli, 2009, saggio che faceva
séguito ad un ciclo di articoli apparsi su “Repubblica”.
Bruno Schulz è un importante scrittore polacco dai decisi connotati masochistici. Facile – e forse un po’ banale – stabilire, come per il giapponese Shōzō Numa, l’autore di “Yapoo”, un nesso tra l’accesa fantasia di sottomissione e l’esperienza di vita. Se infatti Shōzō Numa nasceva in un mondo reduce dall’apocalisse nucleare, Bruno Schulz, ebreo galiziano al pari di Kafka, cresce in una Polonia schiacciata dai nazisti, nella Galizia ebraica dove “la natura freme per l´ammassamento d´umanità compressa uno sull´altro, per farcene stare di più – scriveva disperatolo il l’artista – in una fermentazione di desideri prematuramente rigogliosa e perciò vuota e impotente.”
Bruno Schulz, uomo timido, sgraziato, ricurvo su se stesso (al pari del Leopardi del Pensiero dominante) fu uno di quei galiziani di Leopoli soggiacenti al fascino fatale delle superbe veneri ucraine – più o meno in pelliccia – per altro già ampiamente idolatrate da un altro illustre galiziano, Leopold von Sacher-Masoch.
Fin troppo noti i racconti galiziani ambientati nella magica atmosfera dei Carpazi ed è qui che si rinnova continuamente il miracolo delle superbe veneri ucraine.
“Camminano, queste ragazze, a coppie, dondolandosi sulle anche, spumeggianti di nastri e di gale e, quando siedono, come se fossero stanche della loro superba parata, si scoprono le gambe posate l’una sull’altra, incrociate, intrecciate in una forma piena di irresistibile eloquenza, i giovani che camminando passano loro accanto, tacciono e impallidiscono, profondamente colpiti di fronte alla perfezione del corpo femminile i timidi giovani galiziani aspettano colle palpitazioni il passaggio di queste giovani”
“Preannunciate dal fragoroso scalpiccio dei tacchi sul selciato di pietra antica, le ragazze ucraine incedono a coppie, spesso con un mazzo di fiori in mano, felici di essere guardate. Paiono infreddolite negli abitini leggeri, sofferenti nell’andatura poco agevole ma proprio per questo tale da incutere rispetto. Solcano il centro cittadino da dominatrici, desiderose di provocare già nell’adolescenza quella ammirata soggezione che sorge irrefrenabile nell’animo quando inaspettatamente, ci si ritrova di fronte alle labbra dipinte, alle chiome ondeggianti e soprattutto alle lunghissime gambe affusolate, erette su vertiginosi tacchi a spillo” intorno a cui Bruno Schulz attorcigliava il rantolo del suo desiderio, desiderio tanto acceso da costringerlo a disegnare, dato che tutta quella sensualità esasperata gli rimaneva impossibile esprimere con le sole parole … lingua mortal non dice (Dante) … ed infatti – come si vede solo da questi brevi passi – la prosa di Bruno Schulz si affida al pari a quella di Masoch alle allusioni di cui sono dense le atmosfere tenui, color pastello, laddove il giapponese Shōzō Numa, l’autore di Yapoo, rendeva tutto esplicito portando in primissimo piano con i colori più esasperati tutto, anche i dettagli fisiologici più indecenti.
Si tratta di due stili diversi, due modi di raccontare antitetici che tuttavia possono risultare entrambi, per opposti motivi, assai affascinanti.
Masoch ad esempio – come anche il nostro Bruno Schulz – cerca di comunicarci il proprio stato d’animo, le proprie emozioni ma raramente ci descrive nei dettagli le torture, le umiliazioni cui sogna di soggiacere nelle sue idolatriche passioni. Quindi la prosa di Masoch e quella di Schulz sono allusive, atte ad accendere la fantasia di ciascun lettore. Non ci vengono dette le cose, gli atti, ma le sensazioni, le impressioni che suscitano le azioni.
In modo esattamente opposto De Sade preferisce non affidarsi alla immaginazione, alla capacità integrativa dei lettori, anzi sembra sempre posseduto dall’aspirazione di fissare ogni cosa con metodica sistematicità ed il più lucido rigore per arrivare alla conoscenza, alla completa descrizione a 360 gradi di una intera categoria dell’umano comportamento, delle umane inclinazioni in tutte le sue possibili declinazioni.
De Sade aspira alla completezza, alla totalità assoluta come chi si accinge a un’opera fondativa di un determinato settore della morale o dello scibile umano. De Sade, come tutti gli intellettuali dei secoli dei lumi mira alla conoscenza e dunque ad essere lucido, razionale e definitivo. Egli fa ancora parte di una cultura ottimista che ritiene possibile giungere alla chiarezza oggettiva, alla completezza laddove invece Masoch e Schulz sono espressione di un periodo di catastrofi e di angoscia in cui questa fiducia ormai da tempo è definitivamente decaduta.
Complimenti a Gabbia per questo Blog che alterna contributi leggiadri, leggeri, divertenti ad altri istruttivi ad altri molto impegnati come i tuoi, caro Re Franco.
Ho conosciuto di Yapoo che non avevo mai sentito nominare e ora nel leggere questo tuo intervento su Bruno Shultz, che pure non conoscevo, vi trovo un sacco di riflessioni da vera critica letteraria. Mi ha colpito una cosa ovvia ma a cui non avevo mai pensato e cioè che la prosa di Masoch procede per allusioni e descrizioni di sensazioni mentre quella di Sade procede per descrizione di fatti. I nostri “padri” anche in questo sono diametralmente opposti.