Claudia (seconda parte) by Spyke – RACCONTI dei LETTORI

Pamela scese da un taxi, in un semplice vestito nero e tacchi a spillo, senza degnarmi di uno sguardo, facendomi capire con un gesto d’accompagnarla; non dissi nulla, nemmeno buonasera. Le feci strada.
Claudia l’aspettava in piedi, con le mani dietro la schiena, gli occhi bassi e un ginocchio leggermente piegato a mo d’inchino, come da ordini ricevuti.
Pamela s’arrestò nel suo incedere fermo e severo e la squadrò dalla testa ai piedi; in un solo movimento, non appena la ebbe a portata di mano, l‘afferrò per il vestito lacerandoglielo all’altezza del seno che ne rimase immancabilmente esposto e portandosela a portata di bocca. Un inutile tentativo di coprire le parti esposte fu bloccato perentoriamente. La baciò infilandole la lingua fin dentro il cervello mentre le mani frugavano dappertutto; fica, culo e una fissa sul seno a stringerlo con forza per poi cominciare a tirare il capezzolo. Claudia ebbe un sussulto, quasi cadde all’indietro, ma le mani di Pamela la strattonarono con forza verso di se, per poi prenderla delicatamente per le spalle e continuare a ispezionarla con la lingua, lasciandola alla fine completamente senza fiato.
“OK … accomodiamoci ora” disse
Claudia non osò nemmeno far tornare il seno all’interno del vestito; sapeva che la cosa le sarebbe stata proibita. Si limitò a scansare la sedia a per far accomodare Pamela, con modi da cameriera. Leiaccettò senza fiatare, guardandola come se fosse fatta di carne cruda macinata. Le sedevo a sinistra con aria svagata, ma aspettavo solo di vedere come si sarebbero evolute le cose.
Claudia portò gli aperitivi e gli antipasti, cosette leggere, visto che il meglio doveva ancora venire. Come primo c’erano delle penne agli asparagi, gamberetti, vongole e zucchine, con un po’ di panna, poi bistecca ai ferri, praticamente grondante sangue con contorno di fughi porcini al gratin. Insalata mista, frutta di stagione, millefoglie e caffè. Il tutto innaffiato dal Cannonau. Volendo ci sarebbe anche stata della grappa, ma non fu richiesta. Assolutamente richiesta fu l’irreprensibilità della cameriera, che veniva redarguita con leggere bacchettate sulle mani ad ogni minima svista.
“Smetti di mangiare mentre Io non mangio … ma chi ti ha educata”
“Scusi Signora”
“E chi ti ha insegnato a rispondere se non sei interrogata!!!”
“…”
“Tieni lo sguardo basso … non sei degna di guardarmi”
“Scusi Signora”
“Ancora? … sei proprio un essere inferiore. Non mettere i gomiti sul tavolo … stupida bifolca ignorante … che razza di cagna”
“Mi scusi ancora Signora … sono proprio un essere inutile ed incapace”
“Brava … finalmente l’hai detta giusta”
“Merito solo d’essere punita per la mia incapacità”
“Certo che sarai punita! Come meriti! Lurida cagna”
Poi ci fu una incredibile sequela di rimproveri, seguiti da domande intime che fatte alla mia presenza tendevano a umiliarla.
“Allora … chi ti ha scopato la prima volta?”
“Il mio primo ragazzo, a 15 anni …”
“Raccontami tutto, piccola baldracca”
“… mi portò in moto in una cava di sabbia che sta da queste parti. Io avevo una gonna tutta tirata su e mi si vedevano le mutandine. Mi stese sulla sella della moto, mi sfilò le mutandine e mi penetrò per poi sborrarmi sui vestiti … eravamo tutti e due inesperti ma vogliosi.”
“Poi?”
“Poi c’è stato un ragazzo francese che avevo conosciuto qui a Roma. Sapevo perfettamente che era fidanzato a Parigi, ma era così affascinante e …”
“…e gliela hai data anche a lui!”
“Si Signora”
“Che vacca!!! E per quanto ti sei fatta sbattere da questo francesino?”
“Per circa due anni Signora”
“… e ti facevi sborrare in bocca da questo qui?”
“No Signora … l’unico a cui ho fatto un pompino è lui …”
“Gli hai dato anche il buco del culo a questo qui, vero? Questo qui ero io
“Si Signora … recentemente, ma una sola volta”
“Raccontaci come è stata la tua prima volta con una donna … si dai … la cassiera lesbica”
“Ma Lei mi aveva detto di non parlarne con Marco”
“Non ti azzardare a discutere … troietta … e poi voglio che lui senta … che senta tutto”
“… Si Signora … Sonia mi ha invitata a casa sua per cena dopo che quel giorno era venuta nel mio negozio con la scusa di regalarmi una marmellata fatta da lei, come era già successo in passato, ma all’epoca avevo troppa paura. Era passata di nuovo dietro il bancone e mi si era strusciata contro la schiena facendomi sentire i capezzoli turgidi. Si è accorta immediatamente che avevo avuto un brivido e mi ha accarezzato delicatamente le braccia nude”
“Brava questa zoccola russa … continua”
“Io ero imbarazzata e mi sono girata quasi di scatto così i nostri corpi si sono trovati, seno contro seno, coi capezzoli che premevano gli uni contro gli altri e il suo viso si è avvicinato al mio e ci siamo quasi baciate, ma non l’ho fatto, per rispetto a Lei Signora, non me lo aveva ancora esplicitamente ordinato”
“Brava la mia schiavetta”
“Grazie Mia Signora … comunque mi invitò da lei per cena quella sera stessa. Io lasciai la cosa in sospeso e La chiamai immediatamente Signora, per avere il Suo permesso, che Lei Signora gentilmente mi accordò”
“Quando vuoi sai essere obbediente piccola cagna”
“Grazie Signora … la sera andai a casa di Sonia, portando con me una vaschetta di gelato che però non consumammo. Sonia mi si gettò addosso praticamente subito e mi ritrovai nuda, sdraiata sul letto minuscolo di quella casa minuscola con lei che mi leccava la fica, che mi penetrava con le dita, prima una, poi due, tre, quattro … mi succhiava i capezzoli fino a farmeli diventare rossi. Poi le resi il favore di cui mi aveva degnato fino a che l’una e l’altra venimmo strusciandoci le fiche. Rimanemmo sul letto per un po’, abbracciate, sudaticce, senza dire una parola, poi completamente nude mangiammo l’intero gelato sorridendoci senza parlare. A fine serata me ne andai salutandola con un bacio, per non incontrarla quasi più. Quando la vedo, fuori dal mio negozio mi guarda come se volesse di nuovo scoparmi, ma io non contraccambio, perché Lei me lo ha proibito”
“E il culo … glielo hai dato il culo a quella russa?
“No Signora, come Lei mi ha più volte detto il mio culo ora è solo Suo e solo Lei può deciderne il destino”
“Perché l’hai data a lui la tua verginità anale? Come hai osato farmi questo sgarro? Lo sapevi che era di mia esclusiva proprietà quel buco!”
“Signora ancora non la conoscevo, ancora non sapevo di appartenerLe”
“E allora … era già nei tuoi progetti però di essere dominata”
“Si Signora … e vero … mi scusi per questo imperdonabile errore … ma il mio buco del culo è ora esclusivamente Suo … ne faccia ciò che meglio crede”
“Certo che ne faccio ciò che credo, e non sei certo tu, piccola cagna in calore a dovermi autorizzare”
“Mi punisca Signora … La prego umilmente … questa stupida schiava non merita alcuna pietà …mi prenda come vuole, mi sfondi pure i buchi che Le appartengono, mi punisca Signora, mi frusti a sangue, faccia di me ciò che vuole … non merito pietà”
“Vedrai cosa ti succede ora piccola cagna in calore … ora che hai capito d’avermi tradito con questo qui”
Avevo ascoltato tutto senza dire una parola, senza quasi respirare e ora aspettavo l’epilogo di quella discussione con la bava alla bocca.
Claudia aveva risposto con occhi bassi, voltando il viso per evitare lo sguardo sadico e famelico di quella Padrona severa e spietata; si vergognava enormemente d’avermi fatto quel regalo e le sarebbe costato caro. Pamela la guardò con odio, pregustando ciò che le avrebbe fatto per punirla di quell’azione; le avrebbe rotto il culo senza pietà, dato che quel buco le apparteneva. Nessuno, nemmeno io che ero il ragazzo poteva permettersi di farne il benché minimo uso e per dare una lezione anche a me, avrebbe mostrato come si fa a possedere una donna al di la di ogni possibile remora.
Pamela si alzò con un sguardo che non prometteva nulla di buono, fece segno a Claudia d’alzarsi e avvicinarsi; quando si trovarono l’una di fronte all’altra, con la schiava che non osava alzare lo sguardo da terra, la Padrona finì di strapparle il vestito già lacero, denudandola. Non disse una parola mentre la trascinava in camera da letto per i polsi incrociati, la sbatacchiò sulle lenzuola pulitissime, la mise in posizione supina e la lasciò così, con gli occhi chiusi, le ginocchia a terra e le braccia distese senza sapere esattamente cosa le stesse per succedere, mentre dalla borsa estraeva un paio di preoccupanti ed eccitantissime mutande con due cazzi finti uno più grosso dell’altro, una cinta da uomo ed una bottiglietta piena di lubrificante.
Claudia ebbe un sussulto quando lei la penetrò in entrambe gli orifizi a portata di cazzi, infilandosi dentro il suo culo e la fica senza la minima delicatezza. Dapprima ebbe una sorta di guaito di dolore, poi cominciarono i mugolii di piacere, che però ebbe breve durata.
“Ti piace essere impalata … lurida vacca!!!”
“Si Signora … la prego … non smetta … mi faccia sua”
“Ora ti spacco culo e fica così nessun altro potrà mai più farti godere”
“Mi faccia quello che vuole Signora … sono carne Sua”
“Ti sfondo … ti sfondo … puttana incapace … ti sfondo e poi ti butto via”
Questo si dicevano tra le risate sadiche di Pamela, le grida di dolore e gli orgasmi ripetuti, convulsi e strozzati in gola di Claudia, e quando le spinte cominciavano ad essere onerose, quando il muscolo dello sfintere cominciava a contrarsi incessantemente e il fiato mancava, allora il dolore si faceva sordo e le grida soffocate arrivavano a far vibrare perfino me, che mi godevo la scena in preda ad un eccitazione mai provata; avevo un naturale voglia di inserirmi in quel depravato gioco, ma gli accordi presi in precedenza me lo vietavano categoricamente. Quelle grida domate di piacere mi trapanavano il cervello, scuotendomi dalla punta dei capelli alla suola delle scarpe, ma restavo li, immobile, quasi impietrito davanti allo spettacolo sublime di una donna che possiede un’altra donna, che ne prende i buchi di piacere per farli completamente suoi.
Claudia ormai era stata messa a pecora con la faccia ed i seni schiacciati tra il materasso e le lenzuola confuse tra loro, col culo tutto allargato per aria e Pamela le stava sopra, stringendole forte i seni e tirandole i capezzoli, spingendole quei cazzi enormi fra le natiche e le cosce; la mia ragazza spostò la testa in avanti ripiegandola contro la spalliera del letto e la schiena quasi innaturalmente inarcata, completamente in balia della sua aguzzina, fino a quando Pamela non ne ebbe abbastanza e proruppe in un gemito liberatorio, mentre a Claudia non fu nemmeno permesso di avere un orgasmo finale, dato che la cinta fu tirata in modo inverosimile fino a farle rizzare la testa e uscire la lingua di bocca.
Mentre Pamela si stiracchiava allargando le braccia per poi scendere dal letto con aria più che soddisfatta, Claudia restava sul materasso intriso di umori in posizione fatale, scossa da qualche brivido mentre i cazzi le venivano sfilati da dentro quei buchi mezzo spanati e rossi per l’uso forsennato che ne era stato fatto; ma se pensavo che le cose fossero finite li mi sbagliavo di grosso.
Pamela con un gesto rapido e brutale la strattonò per la cinta, trascinandola giù dal letto per condurla a calci verso la porta di casa.
“Ora andiamo a divertirci seriamente … Hai detto di avere un magazzino dove posso legarti al soffitto per poterti frustare”
“Si Signora … è di qua, dietro l’angolo della casa”
“Bene … ora ti appendo per i piedi e poi ti sistemo a dovere”
Claudia cercò di afferrare i brandelli del vestito che erano rimasti sul pavimento della cucina quando Pamela glieli aveva stracciati, ma Pamela con un ceffone non le permise di coprirsi.
“A cosa ti serve quello straccio sciocca puttanella?”
“Mi perdoni Signora, ma qualcuno dei vicini potrebbe vedermi nuda!”
“E allora? Cosa me ne frega … anzi è ora che si accorgano tutti di che razza di lurida cagna sei”
Sfortunatamente non tutte le finestre erano chiuse e gli occhi di un anziano viscido e scontroso che le abitava proprio di fronte, la seguirono per tutto il tragitto fino alla serranda; intravidi anche un sorriso beffardo dietro quel vetro sporco, un sorriso che di li a poche ore avremmo rivisto entrambe.
Claudia percorse quei pochi passi che ci separavano dal magazzino del padre cercando di coprirsi con le mani alla bene e meglio, gemendo per gli strattoni al collo che Pamela le infieriva tra le risate sadiche, incespicando perché nemmeno riusciva a vedere dove metteva i piedi, fino a cadere in ginocchio, urlando, ma ottenne solo un calcio sul culo che la fece voltare con le chiappe che strusciavano dolorosamente sul mattonato mentre la sua nuova ormai Padrona la trascinava come un sacco di patate.
Le ci volle un attimo per legare Claudia per i piedi in modo estremamente sicuro, stretto e amaro mentre io l’aiutavo appena ad innalzarla fino a che le braccia a penzoloni e i polsi anch’essi chiusi in una morsa di corde ciondolavano da terra senza poterla più toccare.
“Padrona … devo dirle che questa cosa lui l’ha già fatta”
“Adesso te ne accorgerai cosa significa soffrire per la tua Padrona”
E così dicendo estrasse un gatto a nove code dalla borsa e cominciò impietosamente a colpire con forza dal culo per poi passare alle cosce, alla schiena; non risparmiò nemmeno il seno o la fica. La voltava e la girava a proprio piacimento, come una trottola, come un giocattolo di carne, che si colpisce per testarne le reazioni. Poi venne fuori una cinta di cuoio, un frustino da cavallerizza e alla fine una bacchetta di legno rigido quanto basta per lasciare segni che durano almeno 15 giorni. Quella tortura durò una mezz’ora, senza sosta nè tregua, senza misericordia nè umanità; l’unica cosa ad abbondare erano i segni rossi, poi viola, poi blu, poi niente più urla nè grida nè richieste di compassione. Claudia era praticamente svenuta. La mettemmo giù, era sfinita, tremante, scossa da fremiti di autentico terrore, in posizione fetale, si pisciò addosso. Pamela rise sadicamente di quell’evento truce e finale per poi allontanarsi senza dire niente altro. Tornò vestita di tutto punto, mentre Claudia si stava riprendendo e vedendola si mise in ginocchio a baciarle i piedi, ma quella la scacciò.
“Non sei degna di baciarmi i piedi, sei solo un sollazzo per me, ce ne vorrà prima che tu divenga una vera schiava, per ora sei solo una viziosa con cui divertirsi, ma con te qualcosa si può fare”
“La prego Signora mi educhi Lei, mi faccia completamente sua, esaudirò ogni suo desiderio”
“Vedremo … mi farò viva con te nei prossimi giorni, nel frattempo le regole restano quelle che sono e tu se vuoi ora scopala pure un pochino … se ti riesce”
“La ringrazio per la fiducia accordata a questo stupido essere e La saluto umilmente”
Pamela se ne andò senza nemmeno degnarci d’uno sguardo o rispondere al saluto; semplicemente sparì. Sollevai Claudia tra le braccia e la portai in bagno dove la lavai come si striglia una cavalla; subì tutto senza parlare poi la presi nuovamente in braccio e la stesi sul letto completamente nuda, la coprii con le lenzuola e mi stesi accanto a lei carezzandole i capelli umidi. Aveva fatto già così tanto per me senza nemmeno saperlo che non me lo sognavo proprio di scoparla.
La mattina seguente la sveglia ce la diede quel vecchio viscido che aveva visto parte di ciò che era successo la sera prima; si presentò con un sorriso beffardo sull’uscio di casa, sapendo che avrebbe trovato solo noi e mettendo immediatamente le cose in chiaro. Aveva visto abbastanza, aveva sentito abbastanza e ora voleva la sua parte se non volevamo che i genitori e la sorella di Claudia sapessero tutto e anche se non gli avrebbero creduto avrebbe causato una marea di problemi. Claudia che indossava solo una veste da camera anche troppo trasparente tentò di parare il colpo.
“Ma signor Giorgio, lei mi conosce da quando sono nata … come può volere questo?”
“Proprio per questo … è una vita che sogno di farmi fare un bel pompino da te o tua sorella … vi ho sempre trovato estremamente invitanti … e voglio anche uno spogliarello tutto per me!”
“Ma io non posso … io non so … io, se fosse per me lo farei anche per chiudere questa storia una volta per tutte … io non posso più decidere ora … devo chiedere il permesso per questo genere di cose … appartengo a qualcuno …”
“Ah ah ah …è che problema c’è, chiamala questa persona a cui devi chiedere il permesso … ho tutto il tempo che voglio, Io”
Claudia fu costretta a disturbare Pamela, che non si scompose più di tanto e diede alla sua adepta il permesso di fare uno spogliarello estremamente volgare, di masturbarsi davanti a quel vecchiaccio e di succhiargli poi il cazzo, ma tutto davanti alla webcam, così da poterla controllare che non si facesse prendere dalla libidine e magari finire a fare una cosa a tre con noi due.
Claudia stava per mettersi a piangere mentre si apprestava a subire quella specie di stupro, ebbe un esitazione ma dal computer acceso arrivò uno squillo che la ricondusse sulla strada segnata.
Mise su un cd con roba da discoteca e cominciò a muoversi in maniera lasciva, ancheggiando goffamente, cercando di ballare oscenamente come le era stato ordinato, ma le riuscì nell’unico modo possibile: pessimo. Ne risultava sempre più ridicola, impacciata, oltre che depravata, dissoluta, viziosa e per nulla sensuale; era sgraziata nei movimenti, mentre si sollevava la veste e mostrava i segni marchiati sulla pelle chiara la sera prima, tra le risate del vecchio che cominciò a masturbarsi mentre lei iniziava a fare la stessa cosa, a cosce spalancate rivolte verso la webcam, carezzandosi la fica sulle prime per poi infilarsi le dita dentro cercando l’orgasmo, che però le venne immediatamente proibito da un altro squillo.
Andò avanti cosi per una decina di minuti fino a che Giorgio non la prese per i capelli e le infilò il cazzo in bocca e se lo fece succhiare per una mezzora buona fino a che, grazie anche immagino ad una buona dose di Viagra, le venne in bocca e la costrinse ad ingoiare tutto. Quel vecchio porco se ne andò fra le risate mentre Claudia, mortificata ma palesemente felice d’aver superato un altro suo limite era rivolta verso la webcam, in ginocchio.
“Mia Signora … sono stata brava almeno questa volta?”
“Sei una porca, una lurida porca che non ha problemi a ingoiare sborra da vecchi pervertiti … si …sei stata brava”
“Oh grazie … grazie Mia Signora … le sono infinitamente grata”
Claudia sapeva perfettamente quale era la strada da seguire e stava facendo tutti i passi per raggiungere l’obbiettivo che segretamente si era prefissata; l’annullamento totale, la piena sottomissione. Questo era il suo scopo nella vita; soddisfare i piaceri perversi di tutti quelli che le si presentavano sul cammino, in qualunque modo, a qualunque costo e io non potevo fare altro che aiutarla, così avrei anche aiutato me stesso a realizzare il mio sogno proibito.
Per alcuni giorni di Pamela non avemmo notizie, il cellulare non squillava, su Messenger non vi era traccia di lei e i genitori e la sorella di Claudia stavano per tornare da quella breve vacanza. Claudia era estremamente preoccupata, pensava che non avrebbe più rivisto la sua Padrona, che fosse stata solo una cosa di una sera, ma non osava chiamarla, per paura di finire irrimediabilmente nel dimenticatoio. Cercai di tranquillizzarla dicendole che era stata bravissima con tutti, perfino con quello schifoso approfittatore e ricattatore di Giorgio, ma lei passava le giornate attaccata al cellulare, tremando ad ogni squillo e pregando che fosse Pamela; le cose continuarono così fino al ritorno dei suoi, perché proprio ci preparavamo ad andarli a prendere all’aeroporto, il Venerdì, Pamela riapparve dal nulla, pretendendo per sè, la sua carne cruda.
“Allora troietta … stammi bene a sentire”
“Si Mia Signora e Padrona”
“Domani sera, verso le 21.00, ti farai accompagnare a casa mia, dal tuo ragazzo, che poi ti lascerà li e se ne andrà per venirti a riprendere Domenica sera. C’è una festa a casa mia e tu mi farai da cameriera, oltre ad esaudire tutti i desideri miei e delle mie 4 ospiti”
“Si Mia Signora e Padrona”
“Vieni vestita con un abito che si slaccia sul davanti e niente altro, nemmeno le scarpe, sotto devi essere completamente nuda.”
“Si, Mia Signora e Padrona”
“Quando entrate, non appena sarai di fronte alle mie care amiche lui ti spoglierà e quando te lo ordinerò t’inginocchierai per leccarmi la suola delle scarpe, poi lui se ne dovrà andare e ti verrà a riprendere solo la Domenica sera.”
“Si Mia Signora e Padrona”
“Di tutto quello che dovrai fare, di quello che avremo voglia di farti, non sono tenuta a dirti nulla”
“Si Mia Signora e Padrona. Sono carne sua. Può fare di me ciò che vuole e anche le Sue amiche, sono Padrone d’usarmi come Lei, Divina Signora, deciderà. Questo essere inutile è felice di poterla umilmente servire e La ringrazio per la fiducia che mi concede”
“Se mi farai fare figuracce ti riduco ad un ammasso di carne putrescente”
La conversazione ebbe termine con quella minaccia a cui Claudia non ebbe nemmeno il tempo di replicare con un atto di sottomissione.
Alla famiglia dicemmo che saremmo andati fuori per il fine settimana, alle grotte di Frasassi, che non vedemmo ovviamente. Alle 21.00 in punto, il Sabato sera eravamo davanti al cancello del palazzo dove abitava Pamela, al Tiburtino, in una viuzza buia e minacciosa; salii le scale che ci separavano dall’appartamento col cuore in gola, con mille pensieri che si accalcavano per finirmi sulla punta del cazzo, che sembrava dover esplodere da un momento all’altro, mentre Claudia mi seguiva silenziosa come una condannata a morte che incede sui gradini del patibolo. La porta era aperta e mi introdussi per primo, tenendo Claudia per i polsi, come una schiava che viene condotta al mercato e non appena fummo davanti al piccolo gruppo di Pamela e le sue amiche feci come era stato richiesto. Stavano in quattro, Pamela compresa, su di un grosso divano, tutte all’incirca della sua stessa età e conformazione fisica, mentre un’altra, una donna sui 45, se ne stava in disparte su una sedia. Al contrario delle altre che, ridacchianti, si erano abbigliate con jeans e maglietta, l’altra una mora coi capelli che le arrivavano alle spalle, occhi verdi, sul metro e settanta, era elegantemente vestita con un tailleur di Chanel presumo e ammirava la scena con un certo distacco. Tolsi la veste a Claudia in un attimo mentre lei, istintivamente fece per coprirsi tette e fica, ma Pamela con un solo sguardo la fece indietreggiare, facendole abbassare la testa e mettere le mani dietro la schiena; era nuda, esposta, disponibile ad ogni uso e sottomessa.
“Questa è la mia cagnetta, vi piace ragazze? Possiamo farci quello che ci pare e io direi che è arrivato il momento di darle una bella allargata a tutti i buchini e di prenderci anche un bel ricordo della seratina” le altre non parlavano, si limitavano a sorridere guardandosi compiaciute negli occhi. Pensai non a torto che si trattava semplicemente di lesbiche vagamente sadiche.
“Tu puoi andare” disse Pamela senza nemmeno degnarmi d’uno sguardo.
“Ok. Vengo a riprendermela domani sera. Divertitevi e tu comportati bene.” risposi in maniera beffarda per sollecitare la loro indole sadica.
Passai quei due giorni sforzandomi di non avere fantasie, dormendo a malapena e sperando che a Claudia venisse dato il permesso di raccontarmi ogni cosa le fosse stata fatta; per distrarmi mi dedicai allo shopping, comprando ogni sorta di cazzata costosa che mi capitava tra le mani, forse per sentirmi ricco, ma nulla poteva farmi sentire più sereno e forte del fatto d’aver consegnato la mia ragazza nelle mani di quelle sadiche che ne avrebbero fatto gli usi più disparati, che l’avrebbero umiliata e posseduta senza preoccuparsi delle conseguenze, perché quella per loro era solo carne cruda, una bestia da macello e l’avrebbero divorata per sfizio, non per fame.
Quando la Domenica sera verso le 20.00, trovai Claudia ad aspettarmi sul portone del palazzo dove l’avevo lasciata, con una faccia del tutto nuova, un espressione mai vista nè sul suo nè altri volti, capii che erano stati fatti molti passi in avanti. Mentre eravamo in auto le feci la fatidica domanda.
“Hai il permesso di raccontarmi qualcosa?”
“Lo devo fare!!!”
“Cosa ti hanno fatto?”
“Cosa vuoi che mi abbiano fatto … tutto quello che gli passava per la testa … tutto … mi hanno presa, dappertutto come hanno voluto, ogni momento. Mi sono state dentro per ore, una alla volta o tutte insieme, mi spingevano dentro al culo e alla fica i loro cazzi finti, le loro dita del cazzo. Gliela ho dovuta leccare per ore mentre mangiavano quello che avevo cucinato per loro. Si sono divertite a legarmi come un salame, appendendomi al soffitto. Mi hanno fotografata in pose oscene, mentre mi penetravano in tutti i buchi, mentre mi tiravano i capezzoli, mentre mi sculacciavano e frustavano, mentre mi facevano camminare a quattro zampe, mentre mi cavalcavano come una cavalla da monta, insomma ero il loro giocattolo di carne cruda … si … è così che mi hanno chiamato per questi due giorni, perché le divertiva … e hanno fatto un filmino di tutto … ore di filmati … e vogliono che ce lo guardiamo insieme … tu cosa ne pensi?”
“Che vogliono solo sfotterci, vogliono passare solo una serata o un pomeriggio alternativo … temo che abbiamo sbagliato tutto”
“Forse no”
“…”
“Tra quelle cinque assatanate … ce n’era una, l’unica che si è messa li e ha osservato senza fare nulla, senza mai nemmeno toccarmi … quella più vecchia”
“Quella più vecchia … già … e Pamela?”
“Temo che abbia fatto il suo tempo … e poi le altre, Pamela compresa, la trattavano con rispetto …troppo rispetto … quasi temessero il suo giudizio”
“Pensi sia lei il gran capo di questo branco”
“Penso che sia stato una specie di esame, ma non per me … per loro, per vedere se erano in grado di dominare una schiava, non solo di scoparsela … io ero solo materiale umano”
“E l’hanno passato l’esame”
“Non credo proprio … giocavano al dottore e l’ammalata, non facevano sul serio … non sanno nemmeno cosa significa controllare una schiava, non le sentivo superiori … non mi sentivo sovrastata dallo loro classe, ma lei, quella che le osservava … lei si, lei mi scrutava con estrema attenzione, anche se gli occhi non tradivano alcuna emozione … credo che presto la sentiremo”
(continua)

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