(prima parte pubblicata il 9 nov, la seconda il 13 nov, la terza 11 dic)
Sabato notte partimmo che non erano le 02:00, con la Range Rover di Irene per recarci in Umbria, nella tenuta del Professore dove di li a poche ore avremmo ammirato qualcosa che mai avrei pensato di osservare come spettatore.
Claudia era vestita di tutto punto, con un abito di lino bianco, mentre Irene era vestita da cavallerizza ed io indossavo un improbabile tuta sportiva.
Arrivammo verso le 04:00 come stabilito e già tutti ci aspettavano, dato che erano stati invitati li il giorno prima; solo Irene aveva declinato quella convocazione, per poter passare un ultima notte con Claudia, di cui ne ero certo, cominciava ad innamorarsi.
Io e la schiava Claudia rimanemmo in auto mentre Irene montava in sella ad uno splendido stallone; con un gesto venimmo invitati a seguirli all’interno di quella immensa tenuta che ancora era buio pesto, su di una strada sterrata ma tenuta perfettamente. Dieci cavalieri ci precedevano.
Claudia non disse una parola per tutto il tragitto, non osò nemmeno alzare la testa. Dopo circa un quarto d’ora passato a guidare a non più di 20 km orari giungemmo al limite di un boschetto dove ci aspettavano sei loschi figuri; vedendoci cominciarono a darsi un gran daffare per accendere un fuoco e così potemmo vederli in volto. Si trattava di 4 uomini di colore, giganteschi, con muscoli da centometrista e 2 bianchi anch’essi imponenti, vestiti in calzoncini e maglietta. Il fuoco illuminò anche un minuscolo chalet in legno che sembrava in completo stato d’abbandono, ma curiosamente chiuso con una trave ed un chiavistello decisamente massicci
e difficili da scardinare. Rimanemmo tutti, cavalieri, omaccioni sghignazzanti io e Claudia, accanto al fuoco gustando bevande calde e biscotti, fino a che non cominciò ad albeggiare.
Quando il sole fece capolino dietro alla collina frastagliata dalle punte degli alberi, ad un gesto del Professore i sei energumeni con estrema calma si avvicinarono a Claudia e l’afferrano di scatto, le strapparono il vestito con prepotenza, spogliandola completamente, facendola urlare di paura e vergogna. Non le lasciarono nemmeno le scarpe.
Tentò di fuggire verso Irene, di ripararsi presso di Lei nel tentativo di sfuggire a quel branco di uomini assetati di fica, ma tutto fu vano; la tenevano ben stretta anche se si dimenava come una bestia presa in trappola che cerca perfino d’amputarsi una zampa per ritrovare la libertà. Urlava terrorizzata il nome d’Irene, la supplicava d’aiutarla, di salvarla, ma Lei non la degnò della benché minima attenzione. Io non esistevo praticamente più.
“Vedi mia cara Irene. Il tuo lavoro non è ancora completo. La paura per se stessa la domina, non tu con le tue lezioni di buone maniere. Ora ne faremo una vera bestia da macello, come mi hai esortato a fare. Quanto a te piccola cagna, non appena i miei fidati uomini ti avranno lasciata andare, ti consiglio di cominciare a correre, di andare a nasconderti nel bosco, se ti riesce e se sei fortunata potrai tornare qui tra 4 ore e andartene libera. Altrimenti, se loro ti troveranno prima dello scadere delle 4 ore, ti trascineranno fin qui comunque e verrai usata senza pietà e poi torturata per il divertimento di tutti, ma immagino anche il tuo. Ora miei fedeli … lasciatela pure andare, sono convinto che cercherà in tutti i modi di farsi trovare. Questa cagna vuole essere sottomessa e ce lo dirà lei stessa dopo che avremo finito d’usarla fino allo stremo delle forze. Liberatela…ora!”
Non fecero in tempo a mollare la presa che Claudia si precipitò nel folto del bosco senza nemmeno accorgersi di non aver più le scarpe ai piedi, incespicando quasi subito e cascando rovinosamente a faccia avanti, ma più forte del dolore per la caduta sui rami secchi ed il fogliame, più forte delle ferite ai piedi fu il terrore d’essere presa senza umanità, d’essere fatta oggetto della libidine di quegli esseri e d’Irene che l’aveva tradita. Ben presto scomparve fra le fronde degli alberi, non si sentì più nemmeno il rumore dei rami calpestati; era scomparsa alla nostra vista.
Nel frattempo i cani da caccia si stavano attrezzando con piccole telecamere incollate su normalissimi berretti, oltre a corde e manette.
Il Professore prese dalle bisacce un computer collegato wi-fi con le telecamere con cui si riprometteva di seguire comodamente l’inseguimento, che cominciò mezz’ora dopo che la preda si era dissolta alla nostra vista.
Un’accozzaglia d’immagini indecifrabili si stagliava sul desktop, frusci, interferenze; poi le cose divennero più nitide. Il fitto della boscaglia era davanti ai nostri occhi e ben sei zone diverse venivano battute palmo a palmo, cespuglio dopo cespuglio, albero per albero.
Dopo un ora circa cominciai a pensare che se era riuscita a nascondersi, a far perdere le tracce, forse poteva anche farcela, forse poteva evitare quel martirio, forse poteva anche tornare alla sua vita di tutti i giorni.
Ma era questo che voleva??
E io, era questo che volevo??
Mi tornarono in mente le parole del Professore di poco prima “…verrai usata senza pietà e poi torturata per il divertimento di tutti, ma immagino anche il tuo… sono convinto che cercherà in tutti i modi di farsi trovare. Questa cagna vuole essere sottomessa e ce lo dirà lei stessa dopo che avremo finito d’usarla fino allo stremo delle forze”.
Nemmeno avevano finito di risuonarmi nella testa che ecco una delle telecamere fermarsi di colpo. Un suono elettrico uscire dal computer e le altre telecamere bloccarsi anch’esse. S’intuiva chiaramente che stavano convergendo in un unico punto. D’improvviso eccola riapparire sullo schermo per un attimo per poi dirigersi nuovamente nel cuore della foresta, ma quella nuova fuga ebbe breve durata; pochi secondi dopo le erano addosso.
Stava accovacciata dietro alle radici di un grosso albero, tutta sporca di fango, i capelli pieni foglie e rametti e lo sguardo d’una cerbiatta spaventata. L’afferrarono in quattro sollevandola di peso per le braccia e le gambe, senza opporre resistenza se si esclude una crisi di pianto. Urlava, si disperava, chiedeva pietà e giurava vendetta, pregava di lasciarla andare, mentre la portavano al nostro cospetto.
Una volta fuori dal bosco la lasciarono camminare fino da noi sempre tenuta per i gomiti e polsi, anche se non avrebbe potuto dileguarsi in nessun modo; era irriconoscibile, sudicia e per renderla almeno presentabile le gettarono addosso un secchio d’acqua che le tolse letteralmente il fiato. La misero coi piedi in una tinozza piena d’acqua saponata e cominciarono a strofinarla come una cavalla. Claudia tremava come una foglia al vento, batteva i denti, ma quelli la tenevano ben salda e le impedivano di sottrarsi al lavaggio. Ormai non gridava nemmeno più, i suoi farfugliamenti erano diventati rumori sgradevoli. Le rovesciarono un altro secchio d’acqua che la zittì definitivamente. Dopo l’ok del Professore ebbe inizio lo spettacolo.
I sei uomini si spogliarono e iniziarono a fare sesso con lei senza alcun riguardo e senza badare alle sue imprecazioni e suppliche di lasciarla in pace che giungevano fino a noi, che gustavamo la scena comodamente seduti pasteggiando tartine al caviale, salmone e champagne.
Sembrava una gara tra quegli uomini a chi riuscisse col proprio cazzo a cavarle le gemiti. Claudia ormai rassegnata, lasciò che quegli uomini la devastassero con la loro forza nerboruta.
Dopo circa due ore di quel trattamento si lasciò definitivamente andare e le sborrarono tutti addosso, sul viso, sul seno inondandola copiosamente.
Ma non era finita perchè quegli uomini sapevano cosa dovevano fare con lei e la trascinarono dentro lo chalet e con i polsi legati ad una corda che pendeva dal soffitto cominciarono a frustarla senza pietà, lasciandole dei segni che non se ne sarebbero andati tanto presto.
Gli spettatori, eccitati da quello spettacolo di Claudia nuda, legata e frustata crudelmente, incalzavano i carnefici a far urlare la malcapitata ancora di più ad ogni colpo, a farla roteare sotto quella tremenda fustigazione degna di uno spettacolo dell’antica Roma.
A quel punto il Professore si avvicinò a Claudia che era sfinita e quasi sul punto di svenire e con fare disinvolto e sicuro di sè le prese con virilità il viso coperto di umori, sudore sperma e le parlò.
“Allora piccola vuoi rimanere qui con me fino a quando mi farà piacere per trasformarti in una vera schiava … questo è solo un assaggio di quello che ti succederà. Qui verrai torturata seriamente e quando mi sarò stufato di te, ti scaricherò senza pensarci due volte. O preferisci tornare tra le braccia consolatrici d’Irene? A te la scelta, ma sappi che se decidi di restare poi non potrai tornare sui tuoi passi.
Sembrava che Claudia fosse assente ma invece sapeva bene quello che voleva. Ora aveva provato cose inaudite ma delle quali non voleva più privarsi. Aveva chiare le idee in testa.
“La prego voglia tenere questa stupida vacca con lei per farne ciò che crede, come suo passatempo, signor PADRONE”
“Bene ragazzi visto come s’ottengono le cose da queste persone … ragazzi … ricominciate a divertirvi”
E quelli, visto che ormai si erano già sollazzati a dovere, la stesero su di un tavolaccio e cominciarono a penetrarla con ogni sorta di oggetto, sia nel culo che nella fica ottenendo nuovi gemiti, nuove grida, latrati lancinanti. Era il primo pomeriggio quando lo spettacolo ebbe fine e Claudia fu usata da tutti i presenti.
Io ed Irene ce ne andammo via senza nemmeno guardarci in faccia o proferire parola per tutto il viaggio; anche se lei sembrava imperturbabile, eravamo entrambi sconvolti e tristissimi per aver perso quello straordinario oggetto di piacere che ora qualcun altro si sarebbe goduto.
Alla famiglia, Claudia fece credere di aver vinto una borse di studio e di stare seguendo un corso a Perugia, della durata di 6 mesi, così non le avrebbero rotto le scatole e poi, lei stava li veramente per imparare.
Dopo pochi giorni cominciarono ad arrivarmi sull’indirizzo di posta elettronica brevi clip di quello che le stavano facendo in quella tenuta.
La torturavano giornalmente con metodica efferatezza.
Non seppi più nulla di Irene nè di Claudia per alcuni mesi, fino a quando alcuni giorni fa, passando per il centro, le vidi, in compagnia del Professore. Claudia li seguiva a distanza, con occhi bassi, discretamente, sembrava la loro segretaria personale. Loro non mi videro, anche perché sgattaiolai dentro il primo negozio.
Erano belli a vedersi.
Spyke
il finale è un pò ….così…ma il racconto…è veramente…….. unico.
grazie per questo momento di trasformazione,in cui il mio sogno è potuto diventare realtà.