“Cuore Fetish – Rosso Notte”

C’è una bambola proprio lì, nell’angolo. Avvolta nel pannolenci mi fissa con grandi occhi morti. Forse cerca di dirmi qualcosa. Magari invece non ha mai visto un collare come il mio ed è curiosa. Come si osserva un animale strano dietro una gabbia. Un alieno. Un’opera d’arte. Lascio che mi guardi con quel sorriso da burlesque. Sono fiera del mio nuovo collare. È semplice, è totale perdizione; mi piace. Di pelle nera, alto, copre quasi tutta la gola.
Ha un solo quadrato d’argento, al centro. Proprio sulla carotide. Una cornice vuota al centro, che lascia solo quel piccolo lembo di pelle all’aria. Se solo qualcuno volesse colpirmi. Uccidermi. Saprebbe dove mirare. Lascio che la bambola guardi. Lì, poggiata in bilico precario come in una stanza per bambini. Pannolenci e pizzo, boccoli biondi, dolce pelle chiara. Un oggetto estremamente pacchiano.
Trovo strano che un personaggio come Cuore lo tenga nel suo ufficio. Però, in fondo, che me ne frega. Stasera non ho coscienza. Stasera sono nel mio collare. Non devo avere neanche un pensiero, una paura, una riflessione guardinga o diffidente. Nessuno sguardo indagatore. Stasera sarò libera schiava di Cuore, e C’è una bambola proprio lì, nell’angolo. Avvolta nel pannolenci mi fissa con grandi occhi morti. Forse cerca di dirmi qualcosa. Magari invece non ha mai visto un collare come il mio ed è curiosa. Come si osserva un animale strano dietro una gabbia. Un alieno. Un’opera d’arte. Lascio che mi guardi con quel sorriso da burlesque. Sono fiera del mio nuovo collare. È semplice, è totale perdizione; mi piace. Di pelle nera, alto, copre quasi tutta la gola.
Ha un solo quadrato d’argento, al centro. Proprio sulla carotide. Una cornice vuota al centro, che lascia solo quel piccolo lembo di pelle all’aria. Se solo qualcuno volesse colpirmi. Uccidermi. Saprebbe dove mirare. Lascio che la bambola guardi. Lì, poggiata in bilico precario come in una stanza per bambini. Pannolenci e pizzo, boccoli biondi, dolce pelle chiara. Un oggetto estremamente pacchiano.
Trovo strano che un personaggio come Cuore lo tenga nel suo ufficio. Però, in fondo, che me ne frega. Stasera non ho coscienza. Stasera sono nel mio collare. Non devo avere neanche un pensiero, una paura, una riflessione guardinga o diffidente. Nessuno sguardo indagatore. Stasera sarò libera schiava di Cuore, e C’è una bambola proprio lì, nell’angolo. Avvolta nel pannolenci mi fissa con grandi occhi morti. Forse cerca di dirmi qualcosa. Magari invece non ha mai visto un collare come il mio ed è curiosa. Come si osserva un animale strano dietro una gabbia. Un alieno. Un’opera d’arte. Lascio che mi guardi con quel sorriso da burlesque. Sono fiera del mio nuovo collare. È semplice, è totale perdizione; mi piace. Di pelle nera, alto, copre quasi tutta la gola.
Ha un solo quadrato d’argento, al centro. Proprio sulla carotide. Una cornice vuota al centro, che lascia solo quel piccolo lembo di pelle all’aria. Se solo qualcuno volesse colpirmi. Uccidermi. Saprebbe dove mirare. Lascio che la bambola guardi. Lì, poggiata in bilico precario come in una stanza per bambini. Pannolenci e pizzo, boccoli biondi, dolce pelle chiara. Un oggetto estremamente pacchiano.
Trovo strano che un personaggio come Cuore lo tenga nel suo ufficio. Però, in fondo, che me ne frega. Stasera non ho coscienza. Stasera sono nel mio collare. Non devo avere neanche un pensiero, una paura, una riflessione guardinga o diffidente. Nessuno sguardo indagatore. Stasera sarò libera schiava di Cuore, e non mi importa di qualunque fenomeno da baraccone, mostro sanguinario o semplice pura innocenza nel suo ufficio. Stasera regna sovrana l’indifferenza di me stessa. Quando Lui finalmente arriva, non so che fare. Mi alzo. O forse vuole che stia seduta? Non volevo fare errori. Invece vado nel panico appena apre la porta, mi agito, mi batte il cuore forte, dopo tante raccomandazioni. Non sono seduta né in piedi. Metà e metà. Che figura di merda. È la prima volta che faccio una cosa simile. Sono così nervosa. Non mi giustifico, però, non voglio ancora scusarmi e peggiorare le cose.
Cuore non dice niente.
Non subito.
Si siede alla scrivania. Non mi guarda, io invece lo fisso, me ne abbevero. Ha i pantaloni di pelle. Due catene sottili partono dai passanti, si incrociano sul petto e finiscono con due piercing ai capezzoli. Non indossa altro. È bellissimo. È alto, è magro, i muscoli guizzano sotto una coltre di ghiaccio. La sua pelle. Ghiaccio. I suoi capelli, così lunghi. Liscissimi. Cascate di petrolio, inchiostro che cola sulle spalle.
“Prima volta, vero?
Potrei uccidermi per quanto mi odio. Gliel’ho fatto capire. Piccolastupidagoffaputtana che non sono altro. Così fiera del mio collare nuovo, e non so che cazzo devo fare. Perfino la bambola ride piano, etera nei suoi lineamenti. Stronza. Io annuisco alla sua domanda, basta. Meglio che non senta la mia voce: è inadeguata. Tutto è inadeguato, ma non voglio ancora andare via. Sono qui per un motivo semplice, non per scappare.
Mi spiego piano a Cuore: ho vent’anni. Sono un pò grassa. Non proprio bella. Non vanto una grande esperienza sessuale, ho fatto relativamente poco. Non sono neanche tanto simpatica. Sono solo una ragazza, normalissima. È proprio questo il problema. Lo sono perché lo sembro. Agisco, vesto e parlo normale; così come la gente mi tratta, così io agisco. La mia vita, un circolo continuo, il riciclaggio delle nullità. Sbadigli eterni. Dentro, invece, ho un mondo che nessuno conosce – quindi non esiste. So di essere letale e lasciva, suadente e peccaminosa. Gli altri no. E non so come farlo capire, come uscire dalla loro rete di pensiero. È un circolo vizioso. Loro mi trattano da normale, io agisco come tale e così via di seguito, per tutta la vita. Voglio spezzare questa catena, distruggerla, annientarla, cacciarla via da me.
Stanotte.
Non mi vedo diversa da quelle persone coperte di lattice nero che si lasciano frustare. Invidio da lontano quelli si fanno incatenare nei locali notturni, li venero. Dentro sono come loro. Mi eccito a guardarli. Pensarli. Vedermi in un mare di nodi. Ma sono incompleta. Qualcosa manca in me, qualcosa che loro hanno senza fatica. Io non ho le conoscenze giuste. Non ho i vestiti adatti. Niente di nero. Niente pizzo e niente borchie. È ingiusto che per questo non abbia un uomo che voglia amarmi legata, senza ascoltarmi e senza guardarmi.
La vera eleganza per me è una maschera; niente di evocativo e nostalgico, niente sciocchezze da sagra paesana. Voglio una maschera antigas. Occhi coperti. Un bocchettone per l’aria. Pelle e lattice. Un collare con cui possano trascinarmi colma di catene. Libera in catene, anche solo per una sera. Spogliata di tutto quello che gli altri pensano di me, nuda e quella maschera a coprirmi l’identità, la vera vergogna. Sguinzagliando l’istinto.
Basterà una sera con Cuore e saprò chi sono, cosa voglio, cosa fare perché gli altri mi vedano. Sono schiava del piacere. Voglio essere trattata come tale. Non sono normale. Non voglio esserlo.
Voglio l’anormalità. L’insolito. Trovarmi.
°
Non c’è logica, mi insegna Cuore. La logica non esiste. Se invece esiste, ha le movenze di una farfalla. Che si avvicina. Si posa. Lascia lividi scarlatti ovunque tocchi. La logica. Figlia di puritana, la logica. Devo scacciarla. La logica non esiste. La logica è un’allucinazione collettiva. Devo smettere di pensare. Spegnermi totalmente. Tornare belva, concentrarmi solo sulle sensazioni che ho.
Le sensazioni non hanno parole. Sono indescrivibili e bellissime.
Basta col pensiero. Agire. Cuore è qui, accanto a me. Parla. Cerca di farmi entrare nel suo mondo. Dice che ho del potenziale. Sfiora il mio mento con le sue mani calde. Il suo tocco è vertigine. Mi permette di guardarlo negli occhi. Ho le mani legate dietro la schiena da due pesanti cinghie di pelle. Le gambe divaricate. È bello, Cuore, quando mi solleva la testa.
“Ti piace, vero?”
Non posso parlare. Annuisco. Certo che mi piace. Non è per i due vibratori che ho fissi nel corpo, per le chele che mi stringono i capezzoli, o per la sensazione di onnipresente orgasmo che mi devasta. Sono sempre sul culmine senza andare oltre, è bellissimo. Sono sospesa in un limbo, avvolta dalle uniche cose che ho sempre sognato: la sottomissione e il piacere. E il coraggio di aver varcato la soglia dell’Eden.
“Non venire” sussurra Cuore sui miei capelli, quando mi lascio scappare un gemito più forte degli altri “non adesso”
Da qualche parte in queste onde rossofumo ci sono io. Mi si annebbia la vista. Non serve la vista. Non serve l’udito. Neanche il gusto. È tutto in mezzo alle gambe. Non posso venire. Mi concentro.
Qui, nascosta. Rossofumo davanti agli occhi. Sono io.
Continua il delirio.
°
Orgasmo nevrotico. Quando arriva. Psicastenico. La mia identità trascende e si sparge per terra. Tutto quello che sono finisce sulle mani di Cuore. I suoi occhi. Le sue parole. Sfogo la mia ansia. Vent’anni di oppressione. Ora sono libera. Non posso muovere un muscolo. Mugolo. Gemo. La mia anima smania. Le mie mani legate tremano. Vorrei morire accartocciata. Finire i miei giorni come lamiera contorta, farmi riconoscere solo per quello che ho fra le gambe. Così che solo chi mi scopa dopo morta possa capirmi. Incomprensibile finchè non si arriva all’interno. Cavità. La mia unica faccia. Dentro esplodo e schizzo fuori. Sono io. Eccomi, finalmente. È una vita che mi cerco.
°
Cuore dice che ho talento. Gli ho confermato un secondo appuntamento. Avrei voluto restare con lui per sempre. Fra le catene e le voci mestizie, i vibratori, le manette, le maschere, l’odore acido e salato nell’aria. Avrei voluto murarmici viva. Non l’ho detto a Cuore. Lui ha capito lo stesso.
Dice che è normale l’entusiasmo, ma che non devo esagerare. Non subito.
Si deve procedere con cautela. Potrei esplodere, qui in piedi alla fermata del tram. Potrei pestare i piedi fino a consumarli e camminare su monconi sanguinanti. Non mi importa. È tutto bello. Fino a ieri ero solo una patetica repressa. Ora no.
Sono nuova. Mi sto plasmando. Sto diventando la donna che voglio essere. Basta con le movenze da ragazzina. Non sarò mai più ragazzina. Porto il collare alla luce del giorno. Ho i miei vestiti normali, da università, devo andare a lezione. Il collare però resta con me. Il primo segno del primo giorno della mia vera vita.
Sono io, adesso – e io resterò, per sempre.
Daniela Montella

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