Alla appena trascorsa Nuit Démonia a Parigi, nel corso della serata ho incrociato parecchie volte una ragazza giovane, d’aspetto piuttosto interessante, di quella bellezza particolare molto francese, non alta, bruna, capelli corti raccolti a coda di cavallo, carnagione bianca, occhi grandi, foncés, che si allargavano e si schiudevano con improvvise lentezze, vagamente mi ricordava il viso di Tina Aumont, di quando era giovane e bella, anche un po’ le stesse movenze, un certo passo svelto ma vissuto au ralenty, molto felina.
Andava e veniva, un guanto lungo, nero, indossato a sinistra, si arroccava sullo sgabello del bar e beveva sempre tequila: era evidente, perché prima di mandar giù veloce il bicchiere leccava il sale sull’incavo della mano vicino al pollice, quella destra.
Un vestito a tubino, calze trasparenti, scarpe col tacco ma non di quelli impossibili – in Francia si usa l’acronimo BCBG (Bon Chic Bon Genre). Ogni volta che mi passava davanti notavo che il suo rallenty era sempre più sostenuto. Si sedeva sui divanetti, sempre sola ma era molto guardata, qualcuno le si avvicinava a cercare l’approccio, rispondeva con grazia, un accenno di sorriso compiaciuto, molto gentile e disposta al dialogo.
Poi quando forse le cose si volgevano in discorsi più vicini al concreto, con grande semplicità e lo stile di chi è avvezzo a muoversi naturalmente in ambienti dove il rigore si coniuga con il savoir faire se ne andava, gli occhi ridenti e un movimento della bocca che nasceva pensoso e girava a soddisfatto. E le tequila aumentavano. E mi ricordava “Colazione da Tiffany” di quando la Hepburn era un po’ brilla, la sua aria un po’ ingenua. Sigaretta accesa uscita da una borsetta nera, di quelle da sera della Prima, dalla quale spuntava una minuscola “frusta da passeggio”.
Altra passeggiata, altri “agganci”, identiche scene, ma sui tacchi era sempre più difficile muoversi e il rallenty aumentava. A volte un gradino riparatore era meglio dell’ alto sgabello su cui adesso faceva fatica a sedersi.
Poi l’ho persa di vista ma la serata era ancora a metà. Era una “mistress”… virtuale quella sera. Che dire… nessuno è perfetto.
Feste fetish: curiosità alla Nuit Demonia
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