Nel mondo SM il tema del coming out (coming out = dichiarare pubblicamente i propri gusti sessuali) ha dato luogo ad ampi ed accesi dibattiti.
Da una parte i sostenitori della tesi che sia comportamento da vigliacchi quello di essere amanti dell’SM e non palesare i propri gusti anche a persone estranee al nostro ambiente. In altre parole
ad amici, parenti ed in generale al contesto sociale dove si vive, non dovrebbero essere nascosto che si ama fruste, tacchi, corde e cose simili.
Si dice che questo rafforzerebbe la nostra piccola comunità, darebbe progressivamente a tutti questa possibilità di esternare e di essere, in tutti i contesti, più se stessi senza necessità di finzioni e bugie.
All’interno di questo schieramento si notano varie sfumature che vanno dagli intransigenti che parlano di una visibility che darebbe quindi anche credibilità alla persona nel nostro ambito (uno che ci mette la faccia è senz’altro vero ed affidabile) a quelli più moderati che insistono sui benefici
del coming out che ha fatto fare, per es, un salto di qualità al mondo gay.
Dall’altra parte chi minimizza i vantaggi e vede solo rischi inutili per tante persone che in questo modo andrebbero incontro solo a guai sia in ambito famigliare sia lavorativo.
Io molto ho scritto su questo argomento scottante.
La mia opinione è che – laddove ne valga la pena e non cozzi contro particolari sensibilità – il far capire al mondo esterno la propria natura di amante dei rapporti SM sia un bene. Come si può notare non ho usato il termine “coming out” perchè a mio avviso il concetto della dichiarazione/confessione è del tutto sbagliato ed inopportuno.
Alla dogana sono tenuto a dichiarare cosa porto. Ci sono delle norme da rispettare ( 1 litro di alcool) ed io devo chiarire la mia posizione nei confronti di queste norme (ho con me solo 1 litro). Nella vita sessuale io sono me stesso e non ho da dichiarare a nessuno cosa faccio (salvo questioni sull’età) .
Ma aldilà di questa precisazione e tornando al far capire o meno agli altri cosa si è, la ritengo questione del tutto personale e soggettiva. Non vi può essere una regola uguale per tutti.
Farlo o non farlo deve dipendere dal rapporto di forza esistente. Se io sono particolarmente forte e non vado incontro a danni, perché non farlo e divertirsi a vedere facce sbigottite?
Ma quanti contesti famigliari e soprattutto lavorativi consentono questa libertà?
La vicenda della insegnante di Pordenone – che è irreprensibile e professionale a scuola e poi nella vita privata si dà a pazza gioia facendosi filmare nuda in giro per fiere dell’erotismo in Germania – è nota a tutti per essere su tutti i giornali. Ma con vari commenti.
Non tutti riconoscono a questa persona il diritto soggettivo di avere una sua vita privata. Anzi, molti lo contestano in base al novello (era superato ma ora torna di moda) principio che ci sono “lavori in cui il privato conta.”. Con questo principio è aperta una voragine i cui confini non sono definiti né definibili e ognuno può dire che un suo dipendente fa un lavoro “in cui il privato conta”.
Questa insegnante è stata già per anni discriminata con allontanamento dalla scuola dove lavorava perché sul web circolavano da tempo foto di lei nuda.
Ma quanti si possono permettere di rischiare tanto?
E se questa insegnante anziché nuda fosse stata ripresa mentre frusta un uomo? Peggio che andare di notte …
Mi viene in mente anche l’esternazione di un onorevole, presidente di un partito, uomo ben noto e … fine. Ospite quella sera del Maurizio Costanzo, senza peli sulla lingua testualmente disse: “Lo so, ora l’intelighenzia mi farà a fettine, ma io la penso così: un maestro elementare dichiaratamente omosessuale non può fare il maestro”. Era il 1998
Un assessore della Regione Lombardia: “Il gay dichiarato non può essere né insegnante, né militare, né istruttore sportivo”. E’ l’anno 2007
Gli anni passano ma la musica cambia poco o nulla tra un passettino avanti e qualche passettino indietro.
Salve a tutti, è la prima volta che scrivo sul blog e lo faccio per dare ragione a Fulvio, oggi come oggi fare coming-out è un suicidio sociale. Purtroppo il nostro modo di essere è ancora troppo legato, nella fantasia popolare, alla figura del ” pazzo-maniaco-omicida che gode a torturare la gente”. Complici, forse inconsapevoli, sono i mezzi di comunicazione, vedi i vari film Saw, Hostel ecc… e la televisione che ci associa quasi sempre ai fatti di sangue. Secondo me dovremmo puntare ad una maggiore visibilità “psicologica” del mondo sadomaso, cercare di spiegare al pubblico perchè siamo attratti dalla dominazione/sottomissione cercando di “sganciarci” da quello che è l’atto fisico in se stesso. Come hanno fatto nel mondo gay/lesbo, se fossero scesi in piazza al grido di “… ci piace prenderlo in c…” di certo non sarebbero arrivati dove sono ora!!
Per quello che mi riguarda sono di torino e nel tempo libero volentieri mi imbavaglio in pubblico con il ball gag , quindi ovunque :per srada nel bus al supermercato e mugulando e gesticolando cerco di comunicare con gli altri per rendere pubblici i mie piaceri e devo dire che non incontro molta resistenza.
saluti marco