Rituali come binario di riferimento – Importanza degli aspetti formali – Sottolineare la differenza gerarchica – Uso e non abuso delle umiliazioni – Preparazione alla battitura
L’esistenza di un “binario”, un riferimento procedurale, consente di avere il miglior controllo possibile di una sessione correzionale. Questo vale tanto per l’educatore che per il corrigendo, che in una situazione indubbiamente imbarazzante è sorretto da pochi appigli: uno di questi è obbedire con precisione a ordini precisi.
Ogni mio allievo sa, anche al momento di presentarsi per la prima volta di fronte a me, alcune cose fondamentali da fare o non fare. Le istruzioni in merito gli sono state fornite nelle ultime email, quelle che precedono il primo incontro correzionale.
Il corrigendo deve tenere lo sguardo basso, rivolgersi a me solo se interpellato, usare
il Lei chiamandomi “Signore”. Ogni sua frase, sia pure un semplice “Sì”, dev’essere accompagnata da “Signore” (Sissignore; Nossignore; Subito, Signore; So di meritare la frusta, Signore; etc.).
Quest’uso non viene imposto improvvisamente, alla mia presenza fisica; voglio invece che sin dai primi scambi epistolari il somaro inizi a mostrare il giusto rispetto. Se non se la sente, lo trova ridicolo, non ne capisce le ragioni, significa semplicemente che l’individuo non fa per me e io per lui e viene scartato seduta stante dal novero dei potenziali allievi. Quanti ne “perdo”, per questo tipo di inottemperanza? Davvero pochi.
Una parola sulle email. Fino al primo incontro, esse sono l’unico biglietto di presentazione dell’aspirante allievo. Pretendo che esso scriva in italiano corretto, senza errori grammaticali o sintattici. Considero ogni errore un segno di disattenzione e quindi di scarso rispetto nei miei confronti. Poco importa che il maiale debba rileggere 10 o 20 volte quello che ha scritto, prima di spedirmelo. Al giorno d’oggi, la mancanza di forma è tollerata con benevolenza: tutti dicono di badare alla sostanza. Ma io offro un servizio “d’altri tempi” e probabilmente sono apprezzato anche per l’atmosfera che ne consegue; quindi sono attento alla forma e ai formalismi.
Sin dai primi contatti tratto gli aspiranti allievi nello stesso modo in cui saranno trattati nelle sessioni: ciò serve ad abituarli al tipo di rapporto che si possono aspettare di avere con me. In tal senso, li “educo” da subito. Del resto, uno che in prospettiva si umilierà a mostrarmi il buco del culo mentre porge le natiche in attesa della frusta non può essersi rivolto a me fino alla sera prima con un ‘ehi-bello-ciao-come-butta’, no?
In mia presenza, la regola generale è che il corrigendo non faccia alcunché non gli venga espressamente ordinato. Preferisco un sacco di patate (il che non differisce molto dall’idea che già ho di lui) a un “entusiasta” che per il desiderio di compiacermi si assuma iniziative di qualsiasi tipo, come ad esempio denudarsi o correre in mio soccorso se sto cercando un posacenere. Fermo, zitto e buono è la regola d’oro.
Tipica infrazione: calarsi anche le mutande quando ho ordinato semplicemente di calarsi i pantaloni.
Pensate io sfiori o sfondi il confine della paranoia? Avete completamente ragione.
Come ho detto in post precedenti, con il corrigendo uso massimo distacco e freddezza. Non saluto mai, non gli rivolgo la parola se non per impartire ordini. Non alzo quasi mai la voce, tenendo anzi un tono piuttosto basso. Se capita, è solo mentre sottolineo le sue mancanze o lo derido mentre lo umilio o lo batto. Ad esempio mi piace chiedergli in tono sarcastico e retorico se la frusta brucia, appena dopo un colpo che lo ha fatto saltare, urlare o piangere.
Le mie sessioni correzionali si svolgono secondo una procedura abbastanza consolidata. Dico “abbastanza” perché se l’esperienza mi ha aiutato a selezionare rituali molto precisi e consequenziali, la stessa mi ha anche dimostrato che gli imprevisti sono all’ordine del giorno e non tenerne conto significherebbe andare “fuori parte”. Le situazioni concrete richiedono flessibilità, l’essere pronti ad adeguarsi all’inatteso senza tradire il senso del proprio operato e senza bloccarsi su un copione che per qualche ragione non può essere rispettato alla lettera.
La procedura e ogni suo passo sono condotti in modo che il corrigendo sopporti in ogni istante tutto il peso della differenza gerarchica, che provi la tensione derivante dal dover obbedire immediatamente e bene ai miei ordini, che senta la propria forzata passività tanto da percepirsi come goffo, inadeguato, ridicolo.
Per prima cosa ricordo al somaro perché è stato convocato (o gli sto facendo visita).
Poi lo interrogo, per fagli confessare le specifiche colpe di cui intendo occuparmi quel giorno. Se dimentica qualche mancanza che invece ho registrato io, gliela ricordo, spesso con un paio di ceffoni. La confessione è una delle fasi più delicate e interessanti di una sessione correzionale. È delicata per il corrigendo, perché egli è costretto ad ammettere le proprie mancanze e inadeguatezze, delle quali spesso si vergogna davvero. D’altro canto, se le usa solo come pretesto per il teatrino punitivo, ho il modo di accorgermene e quindi di capire meglio chi ho di fronte e quali sono le ragioni per cui mi ha contattato.
Pertanto, durante la confessione pongo domande, sottolineo le parti che ritengo più vergognose, fingo stupore e incredulità di fronte al suo grado di abiezione (devo fingere, perché scandalizzarmi fa parte del mio ruolo di persona per bene e del tutto estranea al marciume che mi viene narrato, ma in realtà ormai ne ho sentite talmente tante che è raro per me restare davvero sorpreso). Ciò naturalmente ha lo scopo di far sentire l’allievo profondamente colpevole, socialmente esecrabile ed eticamente indifendibile. Non pensate che io sia inutilmente crudele: l’allievo vuole sentirsi esattamente così.
Dopo la sua confessione, sempre fingendo di non aver mai udito nulla di peggio in vita mia mi chiudo in qualche breve istante di riflessione, durante il quale soppeso le sue colpe e determino come fargliele espiare: se solo con una correzione corporale o anche con umiliazioni ad hoc. A volte già in questa sede pronuncio la sentenza (numero dei colpi e forme di umiliazione), a volte mi riservo di comunicarglielo in seguito, per lasciarlo a macerare meglio nell’incertezza.
Quando gli è stata chiarita la relazione causa-effetto tra ciò che ha commesso e quel che lo aspetta, gli intimo di denudarsi e lo pongo in castigo (cornertime ex ante). Il cornertime preliminare può avvenire in mia presenza, ovvero in un luogo separato, anche al buio. Dieci, quindici minuti sono la regola, ma in alcuni casi di mancanze particolarmente gravi posso lasciarlo a meditare anche per mezz’ora (mai al primo incontro, però; il primo incontro è psicologicamente il più delicato, per l’allievo, e lasciarlo a sé stesso troppo a lungo può essere controproducente). In genere, per il cornertime prevedo stia in ginocchio, le mani incrociate dietro la nuca, il naso a contatto con una parete. Quasi sempre gli infilo un plug anale, che deve ritenere per tutto il tempo dell’attesa. A volte, se sta scontando il cornertime in mia presenza, di tanto in tanto gli rammento di riflettere sulle sue colpe e di pensare a cosa lo attende.
Se la sessione avviene nel mio piccolo studio, sin dal momento in cui si è messo nudo il corrigendo è chiamato a indossare un cappello da somaro, con il cono (giallo) molto alto e due grandi orecchie pendenti (grigie). In questi casi, il plug anale è costituito da una coda, di quelle che si reperiscono facilmente in ogni sexshop.
Vi ho già detto che sono paranoico: in ginocchio, il corrigendo deve tenere i piedi puntati e sedersi sui talloni, in modo che il suo culo sporga per bene. Più è vergognosa la sua postura, meglio è.
Facciamo una pausa: a che serve, il cornertime? Per gli allievi novizi, a far capire loro quanto io stia facendo sul serio. In tutti i casi, a creare un distacco davvero abissale tra il loro status e il mio. Alcuni allievi mi hanno confessato che per loro il cornertime è quasi peggio della battitura, perché si sentono davvero nudi e ridicoli, completamente distaccati dalla loro abituale percezione di sé. Perfetto. Alcuni mi hanno poi rivelato che, in quei momenti, si chiedono persino come possano trovarsi in quella situazione. Magnifico.
Al termine del primo cornertime, se la sessione prevede umiliazioni specifiche, provvedo a queste. Bisogna fare attenzione, perché ciò che un allievo può percepire come umiliante per sé può risultare indifferente a un altro. Io cerco sempre di conoscere, intuire e immaginare cosa ogni somaro senta umiliante. Ci sono allievi che ricevono senza problemi un clistere, ma odiano essere condotti al guinzaglio. Altri che non fanno una piega nel dover espellere una candela bianca, che ovviamente esce marrone dai loro culi merdosi, mentre hanno grosse difficoltà nell’essere messi di fronte alla propria immagine in uno specchio.
L’attenzione che riservo alla umiliazioni va in due direzioni: da un lato cerco di fare in modo che siano pesanti, dall’altro che non siano eccessive. Ci sono linee invisibili che non devono essere superate, altrimenti il disagio del corrigendo gli diventa insopportabile e il suo piacere nell’essere degradato si trasforma in rifiuto per la situazione.
Terminata l’eventuale fase di umiliazioni, il corrigendo si deve posizionare per la battitura. Questa può avvenire con una certa varietà di strumenti e quindi di posizioni. Per la canna o il frustino da cavalli, lo voglio sempre a quattro zampe o in ginocchio. Per lo scudiscio, in piedi (legato mani sopra la testa) o a 90% col busto appoggiato a un tavolo. Per la paletta, accucciato.
In un futuro articolo spiegherò perché uso strumenti diversi in situazioni diverse, ma è chiaro sin d’ora che diverse posizioni e diversi strumenti possono avere effetti psicologici diversi sul corrigendo, e tale possibilità non va trascurata. Qui dico solo che in ogni sessione adopero un solo strumento (al massimo, sostituisco la canna con un’altra, se si rompe). Di regola, il mio bersaglio è sempre e solo il pieno delle natiche. Recentemente, e sempre solo in seguito a precisi accordi, mi è capitato anche di colpire le piante dei piedi (bastinado o falaka).
Devo aprire un’altra importante parentesi. Come compare sulla scena lo strumento di correzione corporale? Lo prendo io o lo faccio prendere al corrigendo? È indubbiamente più umiliante, vergognoso, indice di completa resa all’autorità se è il corrigendo a prendere e porgermi cerimoniosamente la frusta (il famoso fetch the cane!). D’altro canto, è un rituale che va bene per allievi già familiarizzati (e fidelizzati) con il mio approccio, nonché pratici dell’ambiente in cui vengono puniti. E – anche qui – l’educatore deve sempre stare attento a non tirare troppo la corda: serve ricordare che sulla scena siamo in due. Perciò nelle prime sessioni provvedo io a prendere lo strumento, facendo bene attenzione che il corrigendo abbia modo di vederlo, sentirlo fischiare in aria, intuirne il futuro impatto sul suo culo mentre lo saggio sul mio palmo. Per me si tratta di momenti di grande soddisfazione: quelli in cui l’attesa dell’allievo si trasforma in aspettativa. Me li gioco senza fretta (la fretta è peccato mortale, come ingollarsi un brandy raffinato in una sola sorsata), godendomi le espressioni del corrigendo mentre tenta di farsi forza.
Concludo qui la prima parte della descrizione. Mi sono sforzato di far presente che a ogni fase della sessione sono assegnate delle ragioni logico-procedurali, peraltro abbastanza ovvie, e che a ciascuna di queste corrispondono aspetti psicologici che l’educatore ha la possibilità (e anche il dovere) di calibrare, in parte rispetto agli accordi presi “in fase di conoscenza” con l’allievo e in parte a seconda di quel che gli suggeriscono la propria sensibilità e la percezione dell’andamento della sessione stessa. L’educatore è una specie di regista, cui spetta la responsabilità del successo o meno della sessione. Tale successo dipende dalle aspettative di entrambi gli attori/protagonisti, dai loro gusti e le loro idiosincrasie, per cui è necessario che chi ha il potere di decidere le azioni sappia interpretarli per entrambi. Ciò non ha a che vedere con la temuta dominazione dal basso, secondo cui il dom viene manipolato dal sub, ma richiede senz’altro una predisposizione alla flessibilità, che può essere tanto di carattere operativo che psicologico. È facile? Non ho mai detto che lo sia.
leggendo i suoi blog, sebbene io sia etero … ho davvero desiderato essere un suo allievo.
Perché davvero mi ritrovo tantissimo (quasi completamente) in quel che dice.
Ringrazio tutti coloro che mi scrivono – qui e in pvt – dimostrando di aver compreso l’attenzione che pongo nel predisporre le situazioni nel miglior modo possibile.
Mi fa piacere osservare che in quest’epoca di “mordi e fuggi” – di cui ho riscontro agli eventi pubblici cui (raramente) partecipo – ci sia ancora chi attribuisce importanza alle sfumature, alle cose fatte bene anziché fatte per fare.
Intendiamoci, non mi considero affatto un maestro e so di essere il primo a dover imparare ancora tantissimo, ma sono contento che la mia cura “artigianale” trovi estimatori dei miei sforzi.
Davvero adorabili le Sue descrizioni, La ringrazio personalmente per gli eccitanti particolari della nostra passione. Mi auguro un giorno Lei possa descrivere meglio le posizioni in cui Le piace legare il sottomesso, se usa o meno bavagli e, soprattutto, la scelta ed utilizzo degli strumenti di sessione. Grazie ancora
Sono sempre affascinata dai suoi scritti, Signore. Interessanti ed istruttivi.
Grazie.
Un umile saluto.
sissymaidcolette.
La scelta degli strumenti correzionali è trattata nel prossimo articolo relativo a “rituali e procedure” (2/2).
prova
Qualche osservazione al commento di Master Umby.
Innanzitutto lo ringrazio dei complimenti. Poi ribadisco che riguardo a me stesso, nel contesto cui fanno riferimento i miei articoli, evito il termine “master”, che trovo troppo generico. Preferisco educatore, ma forse ancora meglio sarebbe stato istitutore o tutore, proprio per indirizzare sin dal “titolo” l’oggetto specifico della mia proposta.
La seconda osservazione riguarda la distinzione tra maschi e femmine come possibili corrigendi. Non ho mai provato a mettere un annuncio rivolto alle signore e non so che riscontri abbiano quelli che compaiono nella sezione Spanking degli annunci di Gabbia. Ma credo, per esperienza personale, che sebbene esistano in gran numero donne che desidererebbero essere controllate e punite, esse intendano questa possibilità solo all’interno di una relazione stabile e consolidata, univoca ed esclusiva, che quindi non si svolga per sessioni con un istitutore che – a conti fatti – rimane un estraneo.
Non ne farei quindi una questione di “fisicità” contro “mentalità”, bensì di una diversa configurazione dei desideri connessi alla sfera dei sentimenti e delle emozioni.
La ragione principale per cui ho scelto di indirizzare la mia offerta correzionale verso i maschi, benché io sia eterosessuale, è dovuta proprio a questo: la relativa facilità di trovare allievi che non provano il bisogno di instaurare anche un rapporto emotivo con l’educatore rispetto alle donne, che richiedono preliminarmente e prioritariamente proprio questo. Non è che non io non abbia mai corretto donne, ma ciò non poteva accadere che con una per volta: quella che stava con me.
Buongiorno Signore
leggendo il suo scritto sono riaffiorati improvvisamente gli intensi ricordi provati durante un incontro molto particolare e straordinario per il livello emozionale che la persona dominante ha saputo farmi raggiungere.
Ricordo con nitidezza assoluta il timore e la paura confuso alla curiosità, all’eccitazione, al sapere che fra poco sarei stato trasformato nell’oggetto/soggetto di un erotismo raffinato e nello stesso implacabile che mi accompagnarono in quegli interminabili secondi trascorsi in attesa che la pesante porta in mogano scuro ruotasse silenziosamente sui cardini. Poi fu la penombra della casa antica ad inghiottirmi nei suoi meandri guidato dalla voce del Maestro che mi invitava a seguirlo, dal salone attraverso un lungo corridoio, fino ad uno stanzino illuminato anch’esso solo dalla luce fioca di una lampada a muro. Con un gesto della mano il Maestro mi indicò una sedia dove avrei dovuto deporre i miei abiti e un vassoio posato su una mensola. ” Si denudi qui. Sul vassoio come vede c’è un plug anale e un tubetto di lubrificante. Non ritengo siano necessarie altre istruzioni se non quella di non sfilarsi lo slip ma di abbassarlo sulle cosce.” La prima umiliazione della giornata la provai costretto a ripercorrere a ritroso il lungo corridoio camminando davanti al
Maestro che poteva osservare la prima intima violazione di quel pomeriggio.
La stanza dove fui invitato ad entrare era di una semplicità quasi monastica. Accostato con la testiera alla parete dominava la scena un letto ad una piazza che una serie di materassi sovrapposti rendeva smisuratamente alto, una poltroncina al centro della stanza, un inginocchiatoio rivestito di pelle imbottita. L’unica luce della camera arrivava da una lampada a parete con un reostato che consentiva di regolarne l’intensità.
Quello che lei definisce cornertime durò un tempo che mi sembrò eterno durante il quale provavo vergogna e timore nel rispondere con sincerità e precisione alle domande che la voce distaccata e profonda del maestro poneva. L’inginocchiatoio assolse presto la sua funzione sostenendomi le ginocchia e il petto durante la punizione somministrata con la canna. Ricordo il dolore della punizione ma non il senso di umiliazione che invece avrei provato poco dopo quando dovetti indossare un cintura corredata con cinghie per bloccare le mani e le cavigliere in cuoio.
“Adesso si sdrai sul letto a pancia sotto” mi invitò il maestro. Imprigionò i miei polsi alla cintura e con un moschettone uni le cavigliere, regolò la sveglia che depose sul letto, mi abbassò lo slip ai polpacci, spense la luce e usci chiudendosi la porta alle spalle. Non so quanto tempo trascorse, scandito dal ticchettio dell’orologio. Forse mezz’ora, forse un’ora. Poi la sveglia suonò e il Maestro rientrò nella stanza. Accese la fioca luce che consentiva appena di distinguere i contorni delle cose, mi sfilò il plug che sostituì con una lunga cannula. Anche il clistere mi sembrò durare un’eternità. Il Maestro assisteva seduto sulla poltroncina. A volte rompeva il silenzio con domande sempre più intime e umilianti. Al ritorno dal bagno trovai sul letto ancora il vassoio su cui era appoggiata una candela rossa e una piccola peretta. Mi fece mettere a carponi sul letto e prima di sospingere la candela fino a farla sparire all’interno mi inietto con la peretta per due volte aria nell’intestino. “Quando è pronto deve espellerla molto lentamente fino a quando non la sento cadere nel vassoio. Non voglio udire nessun rumore”.
Sentivo i muscoli contrarsi nel tentativo di espellere la candela trattenendo l’aria che forzava le pareti dell’intestino. Avvertivo la contrazione dello sfintere che spingeva e tratteneva la candela in un sottile gioco di equilibrio fino a quando con un senso di liberazione sentiì il suono metallico che fece l’oggetto cadendo nel vassoio.
Letta la descrizione, mi compiaccio di osservare che vi sia chi è in grado di ricreare le giuste atmosfere. Ciò può benissimo verificarsi anche in contesti diversi da quelli cui faccio riferimento io.
L’importante è la padronanza degli stimoli provocati e degli effetti conseguenti, non tanto in senso tecnico quanto psicologico.
Si noterà infatti come dal racconto traspaia sorattutto l’autorevolezza del Maestro, che senza fretta ma con fermezza dirige l’andamento della sessione.
È precisamente quel che mi sforzo di trasmettere – come sottotesto – nei resoconti della mia esperienza: non conta il “cosa”, ma il “come” e il “perché”.
L’allievo/schiavo/corrigendo Andrea è stato molto fortunato nell’incontrare una simile guida e infatti ne conserva un ricordo indimenticabile.
Leggendo la frase sulle umiliazioni, che non devono passare il segno “altrimenti il disagio del corrigendo gli diventa insopportabile e il suo piacere nell’essere degradato si trasforma in rifiuto per la situazione”, mi sorge una domanda.
Che posto ha il piacere del corrigendo nella sessione? I suoi allievi si mostrano spesso visibilmente eccitati dalle umiliazioni e dalle battiture? E come reagisce lei di fronte a un’erezione o altri segni di eccitazione?
Veramente, qui di domande ne leggo tre, non una.
Il piacere del corrigendo è una cosa che si deve gestire lui. Io non sono in grado (né ho intenzione) di identificare il tipo di piacere/interesse che lo può muovere, ma solo di garantire che quello che prometto, sia sotto il profilo oggettivo che dell’atmosfera, corrisponda agli accordi presi in sede di selezione.
A volte l’allievo mostra una certa eccitazione fisica, alla quale io non reagisco affatto. O – meglio – faccio finta di nulla.
Peccato che non abbia più l’età appropriata per essere un suo allievo. Mi riconosco totalmente nei suoi metodi educativi, che, ritengo essere estremamente efficaci per una correzione disciplinare veramente tale.
La ringrazio di tutto cuore per i suoi articoli, nei quali dimostra un’altissima serietà e professionalità a dimostrazione e garanzia della sua serietà ed affidabilità.
Spero di poterla leggere in nuovi articoli, sempre più interessanti.
Con deferenza la saluto.
Finché Fulvio Brumatti, “fondatore” del bdsm in Italia, continuerà a onorarmi della sua fiducia e finché avrò esperienze aggiornate e riflessioni che ne derivano da sottoporre ai lettori, ci saranno sempre nuovi articoli sotto la mia firma.
Educatore Severo
Molto bello e molto interessante.Posso scriverle in privato?
Grazie alessiasissy
mi piacerebbe essere legato e diventare schiavo per un sabato e domenica abito a vigevano se volete venirmi a prendere e portarvi a casa vostra iniziamo perchè sono passivo e depilato un bellissimo fisico e un bell culo 3477246242 avanti padroni master fatevi avanti
Che qualcuno usasse i commenti ai miei articoli per farsi il proprio annuncio personale, sinceramente mi mancava.
Mi stupisce un po’ che il commento sia stato approvato.
Nel merito, al signor “bell culo” (culo a campana?) consiglio qualche master da fine settimana (sabato e domenica, appunto).
Eppure, i suoi articoli mi sembrano piuttosto limpidi. Tra l’altro, sono tra i post più commentati di questo blog: segno che colmano una lacuna, che trattano temi interessanti. Aspettiamo i prossimi.
Non capisco bene quell’ “eppure”. Se è riferito al commento precedente, dirò che dopo brevissima ricerca web ho appurato chi ne fosse l’autore. E non mi sento di commentare ulteriormente.
Orami do’ per assodato che, indipendentemente dalla chiarezza che chiunque scrive si sforza di mettere nei propri articoli, c’è sempre chi legge “pesca” e capisce “sogliola”. Ed è già un passo avanti rispetto ai moltissimi che leggono “pesca” e pensano “orologio”. Un po’ come ballare sempre il proprio valzer qualunque sia la musica, una mazurka o heavy metal. 🙁
Grazie Signore per questo articolo che getta luce sulle punizioni e sulle modalità che per queste lei preferisce.
Fa piacere ad uno schiavo come me, leggere che esiste ancora chi persegue un ideale di correzione preciso, atto a mantenere e sottolineare la diversità di gerarchia nel rapporto educatore / educando.
Grazie ancora Signore
sono in cerca di un vero padrone forse tu mi puoi aiutare, desidero che mi mettano un guinzaglio per farmi camminare a quattro gambe con nel culo un plug con la coda. ti chiedo se ci possiamo sentire per email e ordinarmi quello che ritieni giusto da farmi fare. grazie
sono curioso di sapere cosa si prova a farsi dominare da Lei, signore.
da solo mi sono versato candele di cera bollente, messo mollette al cazzo, mollette ai capezzoli e poi le ho fatte cadere saltellando (non sempre mi é riuscito). ho anche introdotto nel mio ano oggetti come manici di spazzole, di scope e anche un po’ più grossi. non ho mai usato plug, ma ne ho la curiosità.
dopo le introduzioni nell’ano (a proposito la prima volta vi ho fatto entrare una candela bianca) mi ha fatto male la prostata per giorni.
sono proprio incorreggibile ed ho bisogno di una correzione.
ma come posso farmela fare?
e Lei signore é disponibile? anche se finora sono stato solo con donne?
quanto costa il suo disturbo? dove devo venire? non é che Lei, signore, può venire nella mia città?
spero signore che mi ritenga pronto per una correzione.
Ecco un commento, che sembra proprio la risposta a un mio annuncio o una proposta, che esemplifica PERFETTAMENTE quanto dicevo in uno dei primi articoli: io dico “monti” e qualcuno legge “mare”.
In merito c’è pochissimo da fare, se non suggerire un corso intensivo di Logica Formale.
🙂
Buongiorno Educatore, ho letto con molto interesse e attenzione il Suo articolo e mi ritrovo nel soggetto che ha bisogno di essere duramente e severamente corretto.
Bene.
Allora fai come devono fare tutti: scrivimi in privato e presentati.
Non riesco a… non mettere nero su bianco la mia sconfinata ammirazione per un utilizzo così sapiente delle parole.
E aggiungo che, pur avendo appena cominciato a fare i conti con la mia natura da slave, mi ritrovo ad invidiare il…. “controllo” che Educatore Severo è in grado di esercitare semplicemente modulando il tono della voce e/o soppesando le parole, centellinandole quasi.
Concordo, infine, sull’enorme responsabilità di cui si fa carico un Educatore nell’istante in cui assume il ruolo che gli è consono di fronte ad un corrigendo. Responsabilità alla quale si fa cenno nel racconto della storia di Alberto.
PS: Alberto, il suo scambiare la punizione per terapia, il suo rispondere a tutti e tre gli annunci, insomma…. Alberto mi ha strappato un sorriso, un gran sorriso! 🙂
Grazie per le belle parole.
Il controllo – della voce, del comportamento, della postura – si acquisisce col tempo e l’esperienza, ma soprattutto valutando quest’ultima con serenità ma senza autocompiacimento. Una sessione andata bene poteva sempre andare meglio. Una andata male… beh, ci sono i suoi perché. Io non sono pignolo solo con gli allievi, ma in primis con me stesso.
Responsabilità. L’educatore deve innanzitutto osservare, ascoltare, cercare di capire, mediare, proporre (mai con le parole – non si aprono dibattiti, durante le sessioni -, sempre con i fatti). Per questo insisto nel dire che quel che offro è un servizio.
Ho 60 anni e vivo a Rovigo.
Da qualche tempo sogno di essere ingabbiato nella mitica CB6000 e di essere a disposizione di un padrone o padrona per iniziarmi a BDSM.
Mi sto torturando i capezzoli con mollette ?
puoi aiutarmi.
il mio account skype è cuckold_ro
dove fai sessioni ?
grazie
Moreno
Io davvero non so più come spiegare che i miei articoli non sono un annuncio.
Non so più nemmeno come far passare il concetto – che pure ho espresso dal primo articolo fino all’ultimo – che non sono un master.
Questi siparietti “a cazzo” dimostrano quello che ho scritto nel testo, diverse volte: tu dici – che so – “albero”, e qualcuno capisce “pannacotta”.
OutofTopic: che diavolo è una CB6000? Una canna da pesca? Un satellite? Un modello di telefonino? Sarà pure mitica, ma io non so che sia…
Come posso essere sculacciato severamente da lei
Sono attratto delle sculacciate punitive alla vecchia maniera
Facendo la trafila.
Buona sera sig Educatore Severo leggendo quello che scrive si sente tutta la sua sensibilità del suo ruolo mi piacerebbe poter essere tra i sui sottomessi. Posso scriverle in privato ? Cosa devo fare altrimenti ?
Scrivi pure in privato. Faccio presente che io abito a Roma (questo per evitare, come già successo, che qualcuno si candidi dall’Australia).
buongiorno a lei padrone.leggendola dentro il mio corpo tutto,ha sentito dei brividi pazzeschi.mi piacerebbe molto essere usato da lei.donarmi mente e corpo.ed impegnarmi ad esaudire tutti i suoi ordini.io ho avuto solo una esperienza ma moltissimi anni fa ,poi piu nulla.per lei è un problema usare un neofita?(o quasi)
io abito vicino roma,e non avrei difficoltà nel raggiungerla qualora lei volesse prendermi in considerazione.
il mio nome è paolo.
Non sono un padrone, non “uso” gli allievi. Se è quello che hai capito leggendo l’articolo, hai capito male.
salve Signore, non ho mai avuto esperienze, il suo articolo mi spinge a provare come posso fare? mi piacerebbe con lei Signore
Questo è l’articolo migliore, Signore. Mi è permesso di chiedere se è Lei nella foto?
Grazie Signore
marco
No, nelle foto non sono io. Le foto sono semplicemente illustrative. In alcuni articoli ci sono foto mie, ma non “di me”: Rispetto la privacy degli allievi e la riservo anche per me.
salve allora io non sono brava con la grammatica dovrei aver tante fruste si bene siiii
Ciao Gianna,
Visto l’entusiasmo con cui ti proponi nella eventualità che Educatore Severo non ti accetti quale sua schiava io mi propongo per svolgere nei tuoi confronti il ruolo di Padrone.
Insegnante di lettere in pensione può darti ripetizioni gratuite con, se necessario ,severe correzzioni. Torino o limitrofi
“Insegnante di lettere in pensione può darti ripetizioni gratuite con, se necessario ,severe correzzioni. Torino o limitrofi”
Amico Pietro,
se usi lo spazio-commenti per postare i tuoi annunci, prova almeno a non coprirti di ridicolo:
“Insegnante DI LETTERE… severe correZZioni” ?
Tu l’italiano dove l’hai imparato, in Albania?
Comunque avrei desiderio di essere un suo alievo
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