“Dai… giuro, non lo faccio più… perdonami!“
“Basta con le chiacchiere. Non voglio sentire neanche un’ altra parola! Stavolta hai davvero superato la misura”
La vidi dirigersi verso il solito cassetto…
Dio! Quasi la odiavo quando assumeva quell’atteggiamento sfrontatamente autoritario nei miei confronti! Ma, allo stesso tempo, dava modo al quel desiderio mai sopito se pur ben celato tra i meandri della mia coscienza – quasi si vergognasse d’essere – di spezzare le catene di quel sonno da cui, per mia volontà, non poteva esimersi.
Mi riferisco a quel desiderio di… di… quasi “sottomissione”, desiderio di quei vincoli ai quali – volente o nolente – bisogna sottostare. I suoi ripetuti NO, il suo costringermi a…, correlati a quei “Lo faccio per il tuo bene”, davano più senso alla cosa di quanto ora si possa comprendere.
Mai un rimorso da parte sua né, tanto meno, uno spiraglio di ribellione da parte mia.
Funziona cosi’: io sbaglio, lei mi punisce; è questo il “gioco”. Quasi il nostro modus vivendi o comunque il suo modo per dimostrarmi amore.
Ebbene, quel giorno avevo sbagliato ancora. Non so con quanta e con quale ingenuità o con quanta e con quale malizia.
Aprì il cassetto, estrasse quell’amato\odiato cucchiaio di legno, agitandolo in aria a mo’ di sfida
“Lo vedi questo? Te lo ricordi o è passato troppo tempo dall’ultima volta ?
E si’… Mi sa che ho lasciato passare troppo tempo. Ma ora mettiamo apposto le cose, ti chiarirò bene le idee su come stare al mondo. E mi sembra sia questo l’unico linguaggio di tua comprensione.”
Mi sapeva tanto di provocazione… anzi, ne ero certa: lo era. E non mi andava di replicare. Peraltro, so che ogni mio gesto o parola non autorizzati, dopo i suoi rimproveri, altro non fanno che aggravare la mia posizione.
Abbassai lo sguardo e, nel farlo, riuscii per un attimo ad incrociare il suo, di una fierezza quasi irritante. Pochi attimi di silenzio, simili ad un attesa lunga un’eternità neanche troppo lontana, figli di quel destino al quale non si può sfuggire… e poi:
“Forza, preparati!”
Sapevo benissimo cosa intendesse e, in più, il suo tono solenne mi suggeriva una certa celerità.
Di sicuro, non mi stava capitando per la prima volta… A diciott’anni suonati, ero andata – spesso – in contro a quella sorte. Eppure, l’imbarazzo e la vergogna erano sempre gli stessi. E, presumo, continueranno a stupirmi.
Così feci per tirare giù i jeans, li sfilai completamente riponendoli sul tavolo poco distante da me. Ed allora mi diressi all’angolino dove sovente ero “costretta” ad espettare le punizioni.
Mi inginocchiai, col viso rivolto al muro e le mani sul capo. Che strani quegli attimi, quasi di confusione, di difficile comprensione a chi non li abbia vissuti.
Sarà che non mi piacciono le attese… Le reggo a stento… Sembra mi lascino in apnea… Sospesa in non so quale limbo.
Sentii i suoi passi dietro di me, silenziosi movimenti nell’irreale silenzio che si era creato.
L’avvertivo sempre più vicina… vicina… finché … CIAC! Il primo colpo col cucchiaio di legno, sul fondo delle mie mutandine. Passò qualche secondo e poi… CIAC… con una cadenza sempre piu’ ravvicinata e più vigorosa. Uno, due, tre… dieci… non so quanti. So solo che non riuscivo più a stare in quella posizione; avrei voluto scappare o, comunque, proteggermi. Ma non mi mossi e poco dopo mi fu impossibile trattenere le lacrime.
Ad un tratto, ancora senza proferir parola, ella smise di colpirmi; suppongo per farmi riprendere e un po’ per godersi pienamente le mie lacrime.
Così ricominciarono i rimproveri che facevo fatica ad ascoltare ma che mi permettevano di restare coi piedi per terra, piuttosto che – come spesso capitava –andare in là con la fantasia, matrice di qualche meccanismo (di assurda comprensione) della mia mente, per il quale potrei – in un certo senso – godere della punizione.
Stavolta, speravo finisse così… Ne avevo prese già abbastanza per i miei gusti. Ed in più, sopportavo a fatica i suoi continui appunti.
Ma ci conosciamo troppo bene: sapevo benissimo che avrebbe smesso solo se avesse letto nel mio sguardo un reale “pentimento” o, comunque, se avessi abbandonato quell’aria strafottente e, talvolta di sfida, che mi capita di avere nei suoi confronti.
“Forza, ora chiedimi di essere punita!“
“Cosa?” chiesi esterrefatta “Ma…“
“CHIEDI DI ESSERE PUNITA!” rispose alzando la voce e coprendo la mia. Non riuscivo più a reggere il suo sguardo che ormai si era fatto troppo severo. Ripresi a piagnucolare comprendendo che non avevo più via d’uscita.
“Ti… ti … prego… Puniscimi” sussurrai, singhiozzando.
Si accomodò sulla sedia accanto al tavolo, poco distante da me, mi chiese di avvicinarmi ed in un batter d’occhio, mi ritrovai di traverso sulle sue ginocchia.
Mi sembrava di tornar bambina, in quella posizione. Ma, cosa più importante, era uno dei pochi “metodi” che una figura austera – talvolta gelida all’apparenza ma che io so capace di tanto amore – era capace di utilizzare per farmi giungere il proprio affetto.
Prese a sfilarmi le mutandine, quasi completamente, lasciandomele alle ginocchia.
Iniziò immediatamente a schiaffeggiare le mie natiche, ormai debitamente denudate. Una volta ritrovato ritmo e sicurezza, i colpi cominciarono ad essere sempre piu’ veementi, ed avvertivo, sempre più chiari, i loro effetti.
Difficile mantenere un minimo di contegno… avvertivo quel bruciore che ormai sembrava espandersi fin sulla schiena e giù sulle cosce.
“Ti prego, basta!!… Giuro … è abbastanza… non ne posso più“
e lei, senza interrompersi, mi chiese:
“E’ abbastanza? Capito la lezione?“
“Si’. Si’… basta pero’… Prometto! Non ti disobbedirò mia più“ conclusi in un pianto copioso.
D’improvviso, smise. Mi aiutò ad alzarmi e a ricompormi.
Mi gettai tra le sue braccia, affondando il mio viso tra i suoi seni. Le sue braccia mi avvolsero nella dolcezza più pura che io conosca. Era quello che bramavo e bramo tutt’ora. Non importa quante sculacciate dovrò ricevere o quanti rimproveri subire. Per avere quell’abbraccio, per sentirmi amata così, subirei qualsiasi cosa. Non solo voglio, ma pretendo il suo amore. Che si manifesti con una sculacciata o con chissà cos’altro, non ha importanza.
Voglio solo che sia sempre, in qualche modo, al mio fianco.
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Rossana
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